Gli investigatori non hanno trovato segni di crisi dopo l’analisi dei bilanci. Se l’architetto killer dovesse aver eseguito operazioni finanziarie errate, lo avrebbe fatto con fondi in nero o illeciti.
Dopo la strage compiuta mercoledì 4 maggio dall’architetto Alessandro Maja, in cui ha ucciso moglie e figlia e mandato in ospedale il figlio, prosegue il lavoro degli investigatori per capire cosa abbia potuto innescare un simile gesto nel killer.
Gli inquirenti hanno scandagliato i bilanci dell’azienda dell’architetto e sembrerebbero non riscontrare alcuna crisi. Pare che Maja, in casa, ripetesse di continuo di paventare uno scenario di estrema povertà (“Finiremo tutti in disgrazia”), ma all’apparenza, gli investigatori non hanno trovato nulla, ufficialmente, di situazioni aziendali o economiche tali da far presagire imminenti rischi.
Quindi se l’architetto che ha ucciso moglie e figlia dovesse aver eseguito operazioni illecite e poi aver visto quel denaro dissolversi, può essere solo lui a dirlo e magari affronterà l’argomento nell’interrogatorio di garanzia davanti al magistrato.
L’interrogatorio, tuttavia, per via del ricovero dell’uomo in psichiatria, non è ancora stato fissato. Si dovrà comprendere quando l’uomo sarà in condizioni di affrontare l’interrogatorio. Nel frattempo, gli investigatori avrebbero anche ipotizzato, sulla base degli elementi sinora raccolti, che Maja paventando nel suo futuro e dei suoi familiari povertà, avrebbe pensato che con una strage avrebbe evitato alla famiglia l’eventualità di vivere una vita di stenti.
Questo spaventoso processo mentale, includeva anche il suo suicidio. Ma l’uomo non è riuscito a commettere anche l’estremo gesto, oppure, semplicemente, potrebbe aver finto di volersi uccidere. Aveva delle lesioni lievi a polsi e addome, mentre quelle inferte a suo figlio Nicolò erano terribili. Le condizioni del giovane preoccupano dal punto di vista neurologico, tant’è che nel cervello del 23enne c’erano frammenti di ossa e i medici hanno dovuto lavorare a lungo per operarvi.