Samarate, Alessandro Maja aveva un accordo con sua moglie:«Alla famiglia tutti gli utili dell’azienda»

Nel 2018,  i due coniugi avevano creato un fondo patrimoniale di fronte a un notaio, in cui Stefania era socia di maggioranza delle quote dell’azienda di design d’interni. 

Nuovi dettagli emergono sulla famiglia di Alessandro Maja, che architetto che lo scorso 4 maggio ha ucciso a martellate sua moglie e sua figlia e ferito gravemente il figlio, ricoverato in ospedale in prognosi riservata e con parecchie perplessità sul suo stato neurologico.

Alessandro Maja-meteoweek.com

Il 31 gennaio 2018, Maja e sua moglie, Stefania Pivetta, avevano firmato un accordo davanti a un notaio di Gallarate. La coppia, che aveva contratto matrimonio nel 1992 con separazione dei beni, creò un fondo patrimoniale, «destinando a far fronte ai bisogni di famiglia» l’azienda dell’architetto, (in realtà la moglie era socia di maggioranza).

I carabinieri hanno posto gli uffici della società ai Navigli a Milano sotto sequestro, disponendo il prelievo di pc e documenti. In attesa che l’assassino deponga raccontando la sua versione (l’interrogatorio di garanzia è stato rinviato perché l’uomo era in psichiatria), gli investigatori stanno cercando eventuali segreti dell’architetto.

Nel suddetto atto firmato nel 2018, sono da evidenziare dei passaggi inerenti il fondo costituito dai due coniugi: «nei confronti della “Jam e Vip srl”», Alessandro e Stefania «vengono delegati e autorizzati a riscuotere gli utili di pertinenza delle rispettive quote di partecipazione, fermo restando che detti utili dovranno, comunque, essere utilizzati per i bisogni della famiglia».

E proprio la sua famiglia era divenuta un’ossessione ultimamente per Maja, che credeva che moglie e figli spendessero troppo nonostante i grossi problemi. Di quali problemi si tratti non si sa, forse perché Maja era un uomo molto riservato e diffidente e non ne aveva mai parlato, nonostante ripetesse che si doveva risparmiare, spesso con toni e modi eccessivi.

Stefania, in particolare, era molto provata da grande stanchezza, che l’aveva portata a pensare di separarsi, confidandosi con le amiche. Pare che discorsi su eventuali ammanchi di soldi (Maja paventava un futuro di estrema povertà) non se ne facessero nella villetta di Samarate, una casa a due piani con box e piscina in giardino, in cui l’uomo ha tolto la vita a moglie e figlia e poi ha finto di suicidarsi bruciandosi un sopracciglio con un cerino. Per poi uscire sul balcone e gridare:«Finalmente ci sono riuscito», e ancora, durante il tragitto tra carcere e ospedale, affermare: «Li ho uccisi io, sono un mostro».

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