Alcune ore prima che Alberto Scagni togliesse la vita alla sorella Alice, aveva minacciato i genitori con una telefonata e il padre aveva chiamato il 112.
Nell’ordinanza di convalida dell’arresto di Alberto Scagni, 42 anni, che la sera di domenica 1 maggio ha ucciso la sorella Alice, 34 anni, dopo l’ennesima richiesta di denaro, il gip scrive:«La telefonata è delle 13:28 di domenica primo maggio. Il padre di Alberto e Alice Scagni, Enzo Graziano, chiama il 112. Dice che dieci minuti prima, il figlio ha appena minacciato di uccidere i genitori, il genero e la sorella: ‘Se non mi date i soldi vi taglio la gola’».
Sette ore dopo quella chiamata, verso le 20:45, Scagni ucciderà Alice sotto casa sua, in via Fabrizi, mentre portava fuori il cane. Il magistrato scrive nell’ordinanza il contenuto della chiamata del padre dei due giovani al 112:«Lo Scagni, dieci minuti prima, aveva minacciato per telefono lui stesso, sua figlia e suo cognato, dicendo che, se non gli avessero dato dei soldi, sarebbe venuto a cercarli e gli avrebbe tagliato la gola. Infine precisava che, in seguito alle insistenti richieste di denaro del figlio, quel mese gli aveva dato circa 15 mila euro».
Il contenuto della suddetta chiamata ma in particolare le dichiarazioni precedenti alla polizia da parte della madre dei due giovani, che alla stampa ha denunciato l’omesso aiuto da parte delle forze dell’ordine, ha portato il pm Paola Crispo ad aprire una seconda inchiesta sull’omicidio, per omissione atti ufficio e omissione denuncia.
Presto saranno ascoltati i funzionari delle forze dell’ordine che hanno raccolto la chiamata dei familiari prima del delitto. L’ipotesi di reato, a carico di ignoti, è legata in particolare agli atteggiamenti estorsivi di Alberto Scagni nei confronti dei suoi genitori, non denunciati in Procura. Il procuratore capo Francesco Pinto aveva comunicato che l’inchiesta si sarebbe effettuata in ogni ambito ma aveva anche sottolineato che, finora, le chiamate al 112 non avrebbero mostrato una minaccia in atto né imminente, il che vuol dire che Alberto Scagni non era lì davanti ai familiari, e questo è da contestualizzare in una situazione in cui non erano mai state sporte denunce contro il 42enne.
Nell’ordinanza vengono fuori anche altri dettagli sulla personalità del killer, che secondo le testimonianze, a partire dal 2013, quando era stato lasciato dalla compagna e aveva perso il lavoro, era stato soggetto a un «un vero e proprio tracollo psicologico» che aveva inficiato anche i suoi rapporti con i familiari.
«Nell’ultimo periodo Alberto aveva manie di persecuzione», ha detto agli inquirenti il marito di Alice, «perché temeva di essere escluso dall’eredità e nel contempo aveva cominciato a chiedere sempre più soldi ai suoi famigliari». Alberto aveva anche accusato il cognato di aver messo nella sua abitazione delle microspie: «Anche per questo io non volevo più avere a che fare con lui, ma Alice gli voleva bene e cercava sempre di aiutarlo».
L’uomo era fortemente in pensiero, al punto da aver consigliato alla moglie di trasferirsi per un po’ di tempo in una casa di villeggiatura di cui Alberto non era a conoscenza, perché temeva che avrebbe potuto piombargli sotto casa, ma Alice si diceva certa che il fratello non le avrebbe mai potuto fare del male e aveva scelto di non trasferirsi.