La Guardia di Finanza è intervenuta a Rozzano (Milano) su un’azienda di vigilanza gestita da marito e moglie
Avevano svuotato i conti della loro azienda e con una parte del denaro hanno anche acquistato una casa al mare a Campomarino, in provincia di Campobasso.
La Guardia di Finanza di Corsico, in provincia di Milano, ha eseguito come disposto dal Gip, un sequestro da circa 3,5 milioni di euro nell’ambito di un’inchiesta su bancarotta, autoriciclaggio, sottrazione pagamento imposte, in cui è indagato pure il liquidatore della società Sps Service, che gestiva servizi di vigilanza privata a Rozzano (Milano).
Da quanto è emerso dalle indagini, l’azienda i cui conti sarebbero stati svuotati dagli indagati per 2,5 milioni di euro, è fallita nel dicembre 2020. Gli indagati non avrebbero neanche pagato le tasse per 1 milione di euro e avrebbero prelevato di continuo risorse dall’azienda sia tramite bonifici sia contanti.
Con il denaro tolto all’impresa, avrebbero anche comprato una casa al mare il cui valore era di 45mila euro a Campomarino (Campobasso) in Molise e che i finanzieri hanno provveduto a sequestrare per autoriciclaggio.
Passando al setaccio i flussi finanziari sono emerse anche diverse «movimentazioni anomale, non supportate da alcuna operazione commerciale» e soprattutto tra l’azienda fallita e un’altra società con sede a Milano, «una sorta di ‘newco’» attiva nello stesso ambito, la Royal service, gestita dalla moglie dell’uomo, P. Riccioli, ora agli arresti domiciliari. Il marito A. Morescanti, è in carcere e avrebbe già reso delle confessioni di fronte al gip e la Procura si è detta favorevole ai domiciliari.
Nell’ordinanza di custodia cautelare disposta dal gip, si legge che Morescanti ha «precedenti penali in materia di armi, due volte per minaccia e una volta per esercizio arbitrario delle proprie ragioni».
Il magistrato afferma che i coniugi sono “soggetti dalla significativa pericolosità criminale”, che si evince “dall’entità delle distrazioni” che sono di circa 2,5 milioni di euro. La ‘newco’, poi, da loro messa da quel che restava dell’altra azienda “continua a produrre utili ai danni dei creditori della fallita“.
Il liquidatore, indagato, sarebbe stato una “testa di legno” che si muoveva per conto dei due coniugi. Tra il 2019 e il 2020, la donna avrebbe sottratto ai conti dell’azienda oltre 230mila euro con “prelievi in contanti“. Questo denaro era una parte di una “provvista usata” anche per “l’acquisto dell’immobile di Campomarino“. I due, conclude il gip, hanno mostrato di essere «abili e determinati nella commissione di reati contro il patrimonio aziendale».