Una tendenza stabile, anche se la media dei suicidi tra i poliziotti resta più alta di quella della popolazione italiana nel suo complesso.
In pandemia ci sono stati meno casi di suicidio, ma il post-pandemia è da monitorare con attenzione.
“Ci sono stati 326 casi di suicidio nella Polizia di Stato dal 1995 a oggi, il trend è stabile”. A dirlo è Fabrizio Ciprani, direttore Centrale di Sanità della Polizia di Stato. Ne ha parlato al convegno “La problematica dei suicidi nella Polizia di Stato” nella sede romana della Cgil.
Dal 1995 a oggi, ogni anno ci sono stati in media 12 suicidi tra i poliziotti. Una media “più alta che nella popolazione generale”, nota Ciprani. Anche se, fa osservare, il tasso di sucidi in Italia – anche tra i poliziotti – è in generale più basso rispetto a altri paesi in Europa.
Le statistiche ci dicono, spiega Cipriani, che il 94% dei poliziotti che si suicidano sono maschi, prevalentemente tra i 41 e i 50 anni di età. Ma bisogna tenere conto che il personale della polizia statale è in gran parte composto da maschi e molti rientrano proprio in quella fascia di età. Parlando dei “motivi scatenanti” dei suicidi, Cipriani menziona quelli di “natura affettiva ed economici”. Ad ogni modo, precisa, in generale nel caso dei suicidi sono variegate le motivazioni che, nel loro insieme, trascinano verso a un “degrado della qualità della vita che non consente di resistere a una situazione stressante”.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, in pandemia c’è stato un calo dei suicidi tra le forze di polizia. “Abbiamo registrato un tasso di suicidi minore”, dice Cipriani. Che però avverte: “Dobbiamo stare attenti al dopo”.