L’economia italiana rallenta, anzi in alcuni casi decresce e la cause sono da cercare nella crisi internazionale scatenata dall’invasione dell’Ucraina. Questo quanto sostenuto dal centro studi di Confindustria.
I dati fornisti dal centro studi di Confindustria lanciano un chiaro allarme: la nostra economia è in difficoltà e gli interventi pubblici non sono sufficienti a risolvere il problema.
Lo scoppio della guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni imposte alla Russia sono all’origine della riduzione del Pil nel primo trimestre del 2022 e creeranno gravi problemi nella crescita per i prossimi mesi. Le cause sono da addossare al “rincaro dell’energia e di altre materie prime” come riferito dal centro studi.
“Gli indicatori congiunturali a marzo hanno confermato il netto indebolimento dell’economia italiana – fanno sapere da Confindustria -. Il conflitto in Ucraina amplifica i rincari di energia e altre commodity, accresce la scarsità di materiali e l’incertezza. Sommandosi agli effetti dei contagi, ciò riduce il Pil nel primo trimestre 2022 e allunga un’ombra sul secondo: l’andamento in aprile è compromesso e le prospettive sono cupe“.
Per Confindustria, il Governo “ha finora stanziato, per la prima metà del 2022 e senza ricorrere a deficit aggiuntivo, circa 14 miliardi di euro: 11 a sostegno di famiglie e imprese (di cui 1,2 per le grandi imprese solo per il primo trimestre) e 3 per primi interventi strutturali su gas, energie rinnovabili e a sostegno delle filiere dell’automotive e dei micro-processori“.
Inoltre a marzo nella nostra industria “si è accentuata l’erosione della fiducia delle imprese manifatturiere, già in atto da fine 2021. Il Pmi del settore è sceso ulteriormente, pur restando in area positiva (55,8 da 58,3). Gli ordini totali per la manifattura sono in flessione ancora contenuta. Dopo la volatilità di gennaio-febbraio, l’impatto del conflitto sulla produzione è atteso approfondirsi a marzo: ciò significa un calo significativo nella media del primo trimestre, che contribuisce molto alla flessione del Pil“.
Anche il settore dei servizi è in difficoltà. Le Pmi segnalano un “rallentamento a marzo (52,1 da 52,8) e la fiducia delle imprese è in calo (99 da 100,4). A causa di contagi e incertezza, resta compressa la mobilità delle famiglie (per il tempo libero -16,6% nel primo trimestre dal pre-Covid), tenendo debole la domanda di servizi. Questo si somma a un recupero ancora parziale del turismo fino a febbraio (-15% i viaggi di stranieri in Italia)”.
Inoltre “la dinamica del commercio mondiale, già piatta a inizio anno per il calo degli scambi in Asia e l’aumento in Europa, ha prospettive negative, secondo il Pmi sugli ordini manifatturieri esteri globali, caduto a marzo (48,2 da 51)“. E anche il rialzo dei tassi di mercato a lungo termine “è un problema per l’Italia (e gli altri paesi) poiché farà crescere gradualmente la spesa per interessi, man mano che le nuove emissioni avverranno a tassi più alti. L’Italia avrà quindi meno spazi di bilancio per mettere in campo una nuova manovra espansiva di finanza pubblica“.
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