Violentata e picchiata in una roulotte da due pastori: uno condannato, l’altro assolto. Vittima accusata di calunnia. Messa sotto intercettazione anche la donna, sarebbero emerse incongruenze.
Arriva la condanna per i due pastori accusati di aver sequestrato e violentato una donna romena per due mesi. Secondo quanto si apprende, Ianut Bostan è stato condannato in via definitiva a una pena di quasi 9 anni di carcere, con rito abbreviato, mentre l’altro aggressore, Fulvio Benedetto (66 anni) è stato assolto per la seconda volta dall’accusa di riduzione in schiavitù. La sentenza giunge dalla Corte d’Assise d’appello di Torino. Ma è polemica sull’assoluzione di uno degli indagati.
I fatti si sono verificati nel 2011, ma soltanto oggi trovano un verdetto. Vittima della violenza una donna romena, sequestrata da due pastori e costretta a subire abusi per due mesi. La donna era stata rinchiusa in una roulotte, parcheggiata in Val Chisone, alle pendici del massiccio dell’Orsiera Rocciavré (Torino). Dalle testimonianze, è emerso che la donna sarebbe stata ripetutamente violentata e picchiata. Soltanto una volta liberata era potuta tornare in Romania. La donna, infatti, era giunta in Italia per lavorare come badante, sotto invito dello stesso pastore romeno – suo lontano parente.
Lo stesso suo connazionale è stato oggi condannato a quasi 9 anni di carcere. Rimangono dubbi, invece, sull’eventuale colpevolezza dell’altro pastore, Benedetto. Si sottolinea, infatti, che i giudici hanno il rinvio degli atti alla procura con l’accusa di falsa testimonianza nei confronti della stessa vittima di violenza (già rinviata a giudizio ad Asti con l’accusa di calunnia). La donna dovrà ora andare a processo il 7 dicembre.
Dalle indagini, infatti, pare che il quadro emerso sia in diversi punti contradditorio. Con la pm di Torino, Elisa Pazè, che ha messo sotto intercettazione sia il pastore romeno che la vittima, la donna si sarebbe contraddetta in varie occasioni, e gli elementi raccolti avrebbero permesso alla procura di Asti di procedere per il reato di calunnia. Se dunque già dopo la sentenza di primo grado l’imputato italiano era stato prosciolto, in tribunale sarebbero nuovamente emerse falle e imprecisioni nelle ricostruzioni. Nonostante la richiesta di condanna a 12 anni per il pastore, dunque, la Corte d’Assise ha deciso di assolverlo.
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