Nell’ambito dell’inchiesta sulle stragi del 1993 in cui sono indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri
La Cassazione, lo scorso 23 marzo, ha sentenziato che è illegittimo il decreto di sequestro di documenti e dati informatici nei confronti dei Graviano, famiglia mafiosa, nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Procura di Firenze in merito alle stragi del ’93 in cui sono indagati Berlusconi e Dell’Utri.
Secondo la Cassazione, non c’è «nesso di pertinenza tra i reati per cui si procede, il presunto finanziamento documentato dalla scrittura privata e il sequestro di documenti e dati informatici rispetto a terzi».
Nelle motivazioni delle sentenza, si legge che la Corte Suprema ha accolto il ricorso della difesa di Nunzia e Benedetto Graviano, fratelli dei boss mafiosi Filippo e Giuseppe Graviano, contro il sequestro di documenti e dati informatici prelevati da quattro telefonini, due computer e una drive pen, effettuati dalla Procura di Firenze dopo le dichiarazioni che Giuseppe Graviano aveva rilasciato al magistrato.
Giuseppe Graviano, infatti, aveva raccontato all’Ufficio di Procura che «soggetti a lui vicini» erano in possesso di documenti che mostravano come la mafia aveva finanziato Silvio Berlusconi con 20 miliardi di lire, agli inizi delle sue attività come impresario, e che tali “rapporti finanziari” sarebbero stati «l’antefatto rispetto alla strategia che ha condotto alle stragi del biennio 1993-94».
Secondo la difesa di Benedetta e Nunzio Graviano, che non sono sotto inchiesta, «i decreti di perquisizione si fonderebbero su una ‘fantasmagorica ipotesi investigativa’ , secondo la quale i delitti di strage sarebbero riconducibili» ai due indagati nell’inchiesta della Procura di Firenze, «uno dei quali, Silvio Berlusconi, avrebbe ricevuto in anni antecedenti, da Filippo Quartararo, nonno del Graviano, la somma di 20 miliardi di lire, dazione comprovata di una scrittura privata, in possesso a soggetti vicini al Graviano».
A detta della difesa, i sequestri non avrebbero «criteri selettivi» né «indicazione tra il reato contestato e i dati informatici che si intendono vincolare». Per la Cassazione il ricorso è “fondato” e la Corte Suprema sostiene che bisogna «evitare che il sequestro probatorio assuma una valenza meramente esplorativa di notizie di reato diverse e ulteriori rispetto a quella per cui si procede».
In sostanza, non è consentito disporre sequestri “a strascico”. Secondo la Cassazione, il decreto di sequestro, con cui si cercava il documento sui presunti finanziamenti della mafia al Cavaliere, «non fornisce adeguata motivazione» in merito a «legittimità, nesso di pertinenza tra i reati per cui si procede, rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità del sequestro».
Nella sentenza si legge, ergo, che «in mancanza di siffatti chiarimenti sul versante motivazionale , il provvedimento di perquisizione e sequestro legittima una non consentita attività esplorativa, finalizzata alla eventuale acquisizione, diretta o indiretta, di altre notizie di reato». La Cassazione conclude dicendo che adesso il Tribunale di Firenze dovrà considerare «tutti i principi richiamati, procedendo ai motivi di riesame come proposto dalla difesa dei ricorrenti».