Utilizzava il vecchio “schema Ponzi”, aveva messo insieme proprietà per quasi 5 milioni di euro e coinvolto circa 5mila persone. Le indagini sono durate quasi tre anni ma ora l’uomo e i suoi collaboratori sono finiti in manette.
Ha truffato migliaia di persone creando una fitta rete di società finanziarie fittizie reclutando persone grazie alla vecchia truffa dei sistemi piramidali, il già noto “schema Ponzi” che ha mietuto vittime per anni. Si chiama Roberto Diomedi, un uomo di 51 anni, accusato di associazione per delinquere finalizzata all’abusivismo finanziario, al riciclaggio, all’autoriciclaggio e alla truffa.
Circa 5mila le vittime in tutta Italia, secondo quanto riferito dalle forze dell’ordine. Diomedi utilizzava il sistema del passaparola promettendo guadagni fino al 5% dell’investimento. Teneva incontri in hotel di lusso, postava spesso video esemplificativi sui social e aveva una rete di ingenui collaboratori.
Un sistema che è stato attivo per anni, finché la polizia postale di Cagliari, grazie a centinaia di denunce raccolte solo nella provincia sarda, ha fermato la truffa che gli ha fruttato finora 5 milioni di euro. L’uomo utilizzava il suo canale Telegram per mantenere i contatti con i truffati, chiedendogli somme importanti somme di denaro ma senza mai fornire gli utili o restituire i capitali. Agli investitori venivano proposte proprietà immobiliari, diamanti e criptovalute.
Diomedi aveva messo una holding con una decina di società con sedi all’estero, spesso gestite da dei prestanome. Oltre al blocco delle suddette, gli è stata sequestrata anche la proprietà di un albergo in Sardegna, sempre intestata a un prestanome. Le indagini sono andate avanti per quasi tre anni prima di giungere agli arresti.
Ex-consulente finanziario originario, Diomedi ha studiato economia e commercio. Ha operato anche all’estero soprattutto a Dubai, in Serbia e in Bulgaria. Al momento dell’arresto avvenuto nell’aeroporto di Cagliari, stava tornando da un viaggio a Duesseldorf. Insieme a lui sono finiti in carcere altre quattro persone, tra cui la sorella Barbara e il fratello Fabrizio, una donna che curava il marketing della sua impresa e il cofondatore. Sono indagati anche tre promotori finanziari residenti nell’Oristanese e nel Sud Sardegna.
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