Nato nel 2014 contro i separatisti filorussi, il Battaglione Azov si è distinto per la sua eroica resistenza contro Putin e per la sua chiara ispirazione nazista
“Costruiamo relazioni che non si basano solo sul curriculum militare ma anche su principi morali universali. Io leggo Kant e diffondo i suoi insegnamenti nell’Azov. Devo dire che i ragazzi apprezzano”.
Così Dmytro Kuharchuv, comandante del secondo battaglione Azov, raccontava ai giornalisti di Repubblica la vita e la filosofia di uno dei reggimenti interni alla guardia nazionale ucraina, che fin dalla sua fondazione, è stato al centro di numerose polemiche.
Si, perchè il Battaglione Azov è un reggimento militare di ispirazione nazista.
Nel novembre del 2013 in Ucraina la contestazione contro il premier Viktor Yanukovich inizia a montare tra la popolazione, arrivando in breve tempo a sfociare in una protesta che i giornalisti chiameranno EuroMaidan. Una serie di rivolte civili causate dalla decisione del premier ucraino di non procedere con l’accordo che avrebbe dovuto portare l’Ucraina all’interno dell’Unione Europea. La rottura di Yanukovich con Bruxelles, rappresenta in quel momento anche un inevitabile riavvicinamento politico alla Russia di Putin, e per una parte della popolazione, questo è inaccettabile. La storiografia futura probabilmente ci racconterà una storia diversa su cos’è davvero successo nel 2013. La voglia di democrazia del popolo ucraino in quel momento storico, ha forse anche “abbagliato” i media internazionali, che hanno sempre discusso troppo poco delle infiltrazioni nelle proteste di diversi movimento di estrema destra.
Ma quando il reggimento Azov viene fondato, ci sono già in terra ucraina movimenti come Svboda, partito ultra nazionalista di destra presente anche in Parlamento, che scende regolamrente in Piazza Indipendenza a Kiev. Si tratta forse di uno dei quei pochi casi, in cui la destra nazionalista di una nazione si schiera a favore di Bruxelles, di un’appartenenza europea che sembra avere poco a che fare con il nazionalismo identitario che da sempre distingue questa formazioni politiche nel vecchio continente .
Yanukovich alla fine è costretto a cedere.
Il 22 Febbraio del 2014 il parlamento lo sfiducia e l’Ucraina si avvicina, o forse sarebbe meglio dire allinea all’Occidente come mai in passato. Il parlamento ucraino approva subito dopo un’amnistia per tutti i prigionieri politici. Tra le varie scarcerazioni arrivate dopo la resa di Yanukovich, spiccano quelle di alcuni membri appartenenti al partito dell’Assemblea Nazional Socialista (Sna).
Viene liberato anche un detenuto di nome Andriy Biletsky, finito in carcere nel 2011 con l’accusa di terrorismo in virtù dei suoi legami con alcune formazioni di centro destra, ma anche con la Sna. Una volta scarcerato, Biletsky aderisce a una nuova compagine politica paramilitare di estrema destra nata dalle proteste di euromaidan chiamata Pravij Sektor. Intanto nel maggio del 2014, nell’est del paese gli scontri civili si intensificano. Non tutta la popolazione è infatti d’accordo con l’abbandono di Mosca in favore dell’Occidente, e nascono diversi gruppi separatisti filorussi che si propongono l’obiettivo di ottenere l’indipendenza di Donetsk e Lugansk. Nel frattempo, Putin non è rimasto a guardare e dopo un referendum vinto, annette la Crimea il 16 marzo del 2014. Molto si è scritto sulla pressione che il Cremlino ha fatto sugli abitanti della Crimea per “costringerli” a votare in favore dell’annessione, e gli Usa attaccano duramente la Russia, dichiarando il referendum illegittimo, figlio di innumerevoli violazioni dei diritti umani. Ma la verità è che gli Stati Uniti non hanno mai portato all’attenzione della comunità internazionale delle prove concrete che si trattasse realmente di un referendum falsato.
Nel frattempo Biletsky ha fatto carriera e già nel 2014 è considerato uno dei principali riferimenti di Pravij Sektor. L’uomo, nel momento in cui ha inizio la battaglia contro separatisti filo russi, decide di fondare un nuovo battaglione militare composto esclusivamente da volontari.
E così, in una città a est dell’Ucraina di nome Urzuf, sulle sponde del Mar d’Azov, nasce nel maggio del 2014 il Battaglione Azov.
Molti esponenti che fino a quel momento avevano combattuto schierati con l’estrema destra, come alcuni militanti della Sna o di Pravij Sektor si uniscono subito a questa neonata batteria militare. In poco tempo, il battaglione Azov diventa un vero e proprio riferimento nella lotta contro i filo russi, in un nazione che in meno di un anno, è finita all’interno di una guerra civile dimenticata dalla comunità internazionale, fino a quel giorno di fine febbraio del 2022 in cui Putin non ha deciso di dare inizio a una vera e propria invasione. Il vero saltò di qualità il battaglione Azov lo fa quando alcuni oligarchi ucraini pro-occidente, si rendono conto che l’esercito di Kiev inizia ad essere in netta difficoltà nella lotta contro i separatisti. La scelta diventa quella di finanziare Azov e farla diventare la milizia di riferimento. Il magnate dell’energia Igor Kolomoisky diventa uno dei principali finanziatori e non si tratta solo di soldi. L’uomo infatti riesce a fornire ad Azov anche un certo appoggio politico. Kolomoisky in quel momento è infatti a capo dell’amministrazione regionale di Dnipro nell’Ucraina orientale.
Nel 2014 per le forze ucraine pro-Europa arriva un’importante vittoria. Viene riconquistata Mariupol, e i separatisti filo russi fanno adesso meno paura. L’impatto psicologico, per quella parte di popolazione ucraina che non si riconosce nella battaglia pro-Mosca, è forte, e il merito di questa riconquista viene subito dato al Battaglione Azov. A quel punto il nuovo premier Petro Poroshenko elogia pubblicamente Biletsky e decide di includere il battaglione all’interno della guardia nazionale ucraina. Qualche mese dopo, nel gennaio del 2015, il Battaglione Azov viene promosso ed inserito dal premier ucraino all’interno del Reggimento Operazioni Speciali. Non un passaggio politico di poco conto: a partire da quel momento i membri di Azov vengono stipendiati come fossero soldati ucraini a tutti gli effetti. E così, quando a fine febbraio Putin decide di riconoscere le repubbliche separatiste del Donbass e di invadere l’Ucraina, i militari di Azov vengono dispiegati in prima linea. È su di loro che vengono riposte le speranze di poter quantomeno riuscire a contrastare una superpotenza militare come la Russia.
E i suoi militanti si posizionano nelle città principali dello scontro, Kiev, Kharkiv e Mariupol. Ed è proprio in quest’ultima città che si consuma uno degli scontri più atroci di questa guerra. A inizio Marzo la città viene assediata dalle milizie russe che riescono a circondare e a prendere possesso di buona parte di Mariupol, ma il battaglione Azov si trova ancora lì a resistere, l’ultimo baluardo da sconfiggere per Putin per conquistare davvero la città. La formazione militare si trova comunque in forte difficoltà, e ha visto decimate le sue unità inviate sul luogo, ma la resa non è contemplata per i militanti di Azov.
Il comandante del battaglione Denis Prokopenko ha dichiarato più volte che preferiscono morire tutti piuttosto che arrendersi a Mosca.
In questi anni Usa e Ue non hanno mai posto il problema al governo ucraino sulla presenza del Battaglione Azov all’interno della guardia nazionale. Anzi, l’impressione è che questo silenzio sia stato un tacito assenso: l’Ucraina è in una situazione disperata, e le grandi capacità militari dei componenti di questo battaglione non sono mai state utili come in questo momento. La loro eroica resistenza a Mariupol sembra la vera prova di come una parte del destino della resistenza ucraina ai russi passi attraverso Azov. Il problema però è l’entità del compromesso che l’intero Occidente sta facendo, accettando e normalizzando una formazione militare che si ispira a una delle pagine più buie della nostra storia. È al nazismo infatti che i componenti Azov si ispirano nella loro ideologia, a quella stessa idea di mondo, di lotta e di guerra, che ha trascinato l’Occidente nella seconda guerra mondiale meno di un secolo fa.
Come ha scritto in questi giorni il giornalista britannico Aris Roussinov in un editoriale per la rivista Internazionale, “il fatto che lo stato ucraino, fin dal 2014, abbia assicurato finanziamenti, armi e altre forme di sostegno alle milizie di estrema destra, di cui alcune dichiaratamente neonaziste, è incontrovertibile, oltre che già riferito in passato dalla stessa Bbc in modo accurato e competente. Dunque oggi non c’è niente di nuovo o di controverso nel dirlo”.
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