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Cronaca

Minacce di morte a Di Maio «Te la faremo pagare»: individuati i sospettati

La complessa indagine iniziata dalla Polizia Postale e coordinata dalla Procura di Roma ha permesso l’individuazione degli autori dei messaggi minatori rivolti a Luigi Di Maio, consentendo la perquisizione delle abitazioni dei tre a Milano, Udine e Vicenza.

Quanto ritrovato dagli inquirenti ha svelato una fitta rete di odio e violenza nei confronti del ministro degli Esteri, “Muori male, e magari per mano del popolo”, “Te la faremo pagare” si legge tra le tante frasi.

Luigi Di Maio – MeteoWeek

Di Maio bersaglio del web

A seguito delle perquisizioni “sono stati riscontrati elementi indiziari tali da farli ritenere autori delle pubblicazioni di messaggi minatori rivolti al ministro degli Esteri Di Maio”, riporta il Corriere della Sera, di fatto in possesso dei tre sono stati rinvenuti account anonimi utilizzati proprio a scopo intimidatorio nei confronti del politico.

Nello specifico, a seguito di alcune dichiarazioni di Di Maio pubblicate su Twitter sul conflitto in Ucraina sono state indirizzate al Ministro minacce di morte tipiche della cyberviolenza, “Sì dai, armateci e decideremo noi a chi sparare”. Il lavoro degli inquirenti ha portato alla luce una quantità di messaggi inaspettata, condivisi sulle piattaforme più disparate.

La natura egualitaria della violenza sul web non risparmia i volti noti, anzi spesso li rende bersagli di vere e proprie cacce all’uomo, stavolta al centro dell’ira dell’internet il ministro Di Maio, che grazie al lavoro meticoloso e complesso delle forze dell’ordine riesce a dare una faccia ai propri aguzzini. Scovata l’esistenza di canali Telegram e pagine social VK dedicate proprio alla condivisione di frasi d’odio nelle quali si invocano cecchini, spari, “morte ai distruttori dell’Italia”.

La rete si tinge ancora di quei tratti tipici dell’insoddisfazione che guida il quotidiano e continua ad armare mani veloci che battono odio su una tastiera, ma nonostante non si possa dire spesso, stavolta la Giustizia ha sconfitto il confortevole anonimato della rete nell’attesa di nuovi aggiornamenti e della chiusura delle indagini.

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