L’Ucraina ed il grande (ennesimo) corto circuito dell’informazione italiana

Tanti inviati, poche notizie. Tanta propaganda, poca informazione. Il corto circuito della stampa italiana e la strumentalizzazione della politica.

Dopo anni di assenza dai luoghi di crisi, la stampa e l’informazione italiana sono tornate ad essere presenti nelle zone di guerra. Ogni trasmissione, dai TG ai format di approfondimento, a qualsiasi ora del giorno, hanno un report (almeno) di un inviato. Da Mariupol, da Odessa, da Kiev (quando era assediata), dal nord, dal sud. Persino da Bucha, il villaggio della (presunta) mattanza che i militari russi avrebbero commesso contro i civili ucraini. Il condizionale non è utilizzato per sospendere il giudizio sull’operato dei militari e del governo russo: sul fatto che siano in pieno torto non esiste alcun dubbio. Ma il giornalismo, quello ben fatto, richiede che le notizie siano verificate. Al 100%: e, per quanto si abbiano sempre più prove, l’evidenza certa – che potrebbe essere data da una commissione d’inchiesta internazionale – ancora non esiste.

Guerra in Ucraina

Troppi dubbi e poca chiarezza

Anche perchè, se si scava un pò più a fondo, viene fuori che persino su un evento abbastanza chiaro come il massacro di Bucha sono state diffuse tante inesattezze, che spesso nemmeno sono state rettificate. Come ad esempio la notizia dell’individuazione del raggruppamento militare autore della spregevole mattanza: tra il 3 ed il 4 aprile sembrava certo che i colpevoli fossero i membri di un battaglione siberiano, con tanto di foto a mostrare i volti dei carnefici. Tre o quattro giorni dopo, però, si è venuto a sapere che i giovani militari immortalati in quegli scatti non indossavano la divisa da due anni circa, e che comunque le immagini riportate da tanti giornali e trasmissioni televisive non erano state nemmeno scattate in Ucraina. Nessuno di loro, addirittura, ci avrebbe mai messo piede, in Ucraina. Vero? Falso? E’ vera la notizia o la sua smentita? In realtà non si sa, ed è abbastanza clamoroso. Perchè se è vero che la propaganda di guerra è difficile da dissipare per chi cerca la verità, è altrettanto vero che l’Ucraina è piena di giornalisti. I quali, rischiando la pelle in zona di guerra, provano anche ad informare. Riuscendo a fare abbastanza bene la cronaca, per quel che è possibile, ma molto meno bene l’approfondimento. Ma non per colpa loro.

Ucraina

Un irrespirabile clima di belligeranza che non si riesce a comprendere

A rendere quasi impossibile la contestualizzazione e l’approfondimento di questa guerra così brutta (come tutte le guerre) ma anche così strana, è il clima che si è creato qui in Italia, a livello politico ed “editoriale”. C’è un buono ed un cattivo, e basta. Cosa che è impossibile: millenni di storia dell’umanità e delle sue guerre ha reso molto chiaro come il conflitto tragga inevitabilmente le sue origini dalle zone di grigio, e che tutte le parti in causa di tutte le guerre, spesso, in queste zone grigie ci finivano in pieno. Ma sul conflitto in Ucraina questo non è possibile dirlo, ed è altrettanto impossibile proporre spunti di approfondimento sulle cause e sulle responsabilità senza che qualcuno – politici e giornalisti “da studio televisivo” – non si scaglino alzando in toni e accusando di esser “putiniani” un pò chiunque esprima dei dubbi. Non sulle responsabilità della Russia e del suo presidente, sia chiaro: non c’è quasi nessuno che non veda le colpe piene e clamorose  del governo russo. Ma anche un semplice ragionamento sulla necessità del dialogo per trovare la strada della pace – magari evitando un conflitto nucleare – viene tacciato di disfattismo. Sono riusciti a prendersela anche con il papa, prima accusato di “terzomondismo antioccidentale” e poi di piegare l’evidenza storica dei fatti per l’intenzione di far portare la croce nella via crucis pasquale ad una famiglia ucraina ed una russa. Questo è il livello: scontro di propagande (perchè anche quella russa, evidentemente, imperversa) che cancella quasi del tutto la possibilità di conoscere la verità.

Ucraina: la guerra si fa anche con la propaganda

Giornalismo (vero) o barbarie

Ed è in questa palude di notizie non confermate e falsità che si innescano clamorosi “corto circuito”: come quello del giornale Open, accusato da un’altra testata, Panorama, di aver “diffuso quattro fake news in tre giorni”. Panorama spiega, in un lungo articolo, quali siano le notizie che Open avrebbe “diffuso senza verificare”, stigmatizzando poi il fatto che il giornale fondato da Enrico Mentana svolga da diversi mesi il ruolo di “fact checker” per Facebook. Senza voler per forza entrare nel merito delle accuse di Panorama, o voler difendere o meno Open, una riflessione è necessaria: anche noi di Meteoweek stiamo cercando di informare nel miglior modo possibile i nostri lettori sulla guerra, ma è davvero difficile. Ogni notizia va verificata a fondo, e spesso non è possibile farlo, perchè le fonti si perdono nei meandri della propaganda. Forse bisognerebbe abbassare le pretese ed arrivare dove è possibile farlo garantendo la veridicità delle notizie: ma la questione sta andando in direzione totalmente opposta. Al punto da costringere un nutrito gruppo di rispettati ed autorevoli ex-corrispondenti di guerra a redigere una lettera aperta: “Noi la guerra l’abbiamo vista davvero e dal di dentro. Proprio per questo non ci piace come oggi viene rappresentato il conflitto in Ucraina, il primo di vasta portata dell’era web avanzata. Siamo inondati di notizie ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. Inondati di notizie, dicevamo, ma nessuno verifica queste notizie. I media hanno dato grande risalto alla strage nel teatro di Mariupol ma nessuno ha potuto accertare cosa sia realmente accaduto. Nei giorni successivi lo stesso sindaco della città ha dichiarato che era a conoscenza di una sola vittima. Altre fonti hanno parlato di due morti e di alcuni feriti. Ma la carneficina al teatro, data per certa dai media ha colpito l’opinione pubblica al cuore e allo stomaco. La propaganda ha una sola vittima il giornalismo.Chiariamo subito: qui nessuno sostiene che Vladimir Putin sia un agnellino mansueto. Lui è quello che ha scatenato la guerra e invaso brutalmente l’Ucraina. Lui è quello che ha lanciato missili provocando dolore e morte. Certo. Ma dobbiamo chiederci: ma è l’unico responsabile?”. Parole di buon senso, provenienti da professionisti di assoluto valore: Toni Capuozzo, Alberto Negri, Giuliana Sgrena, Massimo Alberizzi, Amedeo Ricucci. Giornalisti, tra l’altro, di idee e visioni politiche differenti tra loro. Un grido di allarme che ovviamente non solo è stato ignorato: per molti di questi esperti professionisti è arrivata anche la definizione di “putiniano”.

Alessio Ramaccioni

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