Le ultime dichiarazioni di Borrell tratteggiano una guerra contro Putin che va vinta sul campo.
Per l’Alto Rappresentate dell’Unione Europea Josep Borrell, l’Ucraina ha il diritto di vincere questa guerra sul campo.Lo ha spiegato in questi giorni con un post pubblicato su Twitter, passato forse anche fin troppo sordina tra i medi mainstream
In fondo si tratta di un importantissimo esponente di Bruxelles che parla in modo chiaro di una risoluzione del conflitto che avverrà sul campo, grazie alla resistenza armata ucraina supportata dalle democrazie liberali.
Fa una certa impressione osservare come questo conflitto abbia compattato, emotivamente l’Unione Europea, scopertasi baluardo della difesa dell’Ucraina e dei suoi valori democratici. A partire dall’inizio di questa guerra all’interno dell’Europa, la diplomazia europea ha iniziato a muoversi su una linea molto ambigua. Si continua ( o continuava visto lo stallo degli ultimi giorni) a parlare di pace e negoziati, di una trattativa da condurre con Putin per mettere fine a questo orrore. Al tempo stesso, nelle settimane successive è saltato fuori quanto in realtà si tratta forse di una strategia un po più elaborata di quella presentata inizialmente al grande pubblico: con Putin si deve trattare, ma prima è necessario metterlo all’angolo, fargli capire che ogni sua azione ha una conseguenza.
Si forniscono armi a Kiev ( prima volta nella storia dell’Ue) per aiutare la resistenza. Quanto può resistere l’Ucraina, senza l’intervento Nato, al cospetto di una superpotenza che ha molti più mezzi?
Come se a Bruxelles fosse possibile barcamenarsi tra una linea interventista e una invece pacifista che inizierà non appena Putin abbasserà le sue mire. Potrebbe però anche darsi che l’Unione Europea abbia invece scelto di dare inizio a una guerra, una linea bellicista considerata inevitabile di fronte a un Putin che fa solo finta di trattare, e che di sicuro non si fermerà adesso che ha finalmente deciso di invadere l’Ucraina.
E che si sia forse deciso ai piani alti di Bruxelles che questa linea bellicista, vada presentata alla nazioni europee un passo per volta, per non turbare troppo una coscienza collettiva educata da oltre mezzo secolo a ripudiare la guerra. La democrazia in fondo è nata allo scopo di costruire una pace tra i popoli delle varie nazioni fino ad allora sconosciuta.
Per questo il tweet di Borrell desta inquietudine.
Parlare di una “guerra che va vinta sul campo” sembra essere il tassello finale di quella narrazione occidentale ben avviata fin dai primi giorni di invasione. Putin è un criminale, o un animale, come lo ha definito il ministro di Maio, e lo scontro con lui non può che essere totale. Una battaglia per la libertà dei popoli in nome dei valori della democrazia liberale. Lo scontro non può che essere quello tra libertà e una dittatura che vuole adesso spandere i suoi confini.
Magari questo permette forse anche di inquadrare meglio la censura dei giornalisti Rai, denunciata dal sindacato UsigRai.
All’inizio del conflitto, l’Italia ha deciso di sospendere i collegamenti con gli inviati di Mosca. Una decisione forse comprensibile le prime settimane, ma che adesso flascia invece perplessi, in primo luogo perché i giornali del resto del mondo hanno ripreso regolarmente il loro lavoro in terra russa. In Italia invece, come hanno fatto notare i corrispondenti Rai, questo non accade. E il sospetto è che la censura preventiva che qualcuno voleva applicare a un ciclo di seminari dedicati all’autore di Delitto e Castigo, sia stato l’inizio di una chiusura totale (o meglio, censura) a quella che tutti definiscono mera propaganda russa. Chiusura totale che equivale per l’appunto a censura, un concetto che in teoria dovrebbe fare venire l’orticaria a qualunque democratico di saldi principi
Ma a chi conviene che questa battaglia l’Ucraina la debba vincere sul campo? Non esiste analista che non sostenga quanto la resistenza messa in piedi da Kiev sia poca cosa rispetto a quella che sono in grado di spiegare i russi. Eppure, come afferma Borrell, c’è una guerra che gli ucraini hanno il diritto di vincere sul campo. Perché, ci spiega la narrazione europea, soltanto nel momento in cui Putin sarà messo all’angolo dalle sanzioni, dalla potenza di fuoco che l’Occidente è in grado di dispiegare tra pressing diplomatico e sanzioni economiche, sarà davvero disposto a trattare per la pace.
Ragionamento per certi versi un po ‘curioso. Se Putin è davvero il nuovo Hitler, questo attacco frontale, più che farlo desistere potrebbe invece indurlo a mosse disperate.
Ci si può aspettare un epilogo diverso? A leggere le affermazioni di Borrell, forse no.
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