Intervenuta durante la trasmissione di La7 condotta da Lilli Gruber, la giornalista russa Nadana Fridrikhson espone un’altra prospettiva
Nel corso della trasmissione Otto e mezzo condotta su La7 da Lilli Gruber, è intervenuta Nadana Fridrikhson, giornalista russa che espone un’altra prospettiva della guerra in Ucraina.
Tra le due giornaliste c’è stato un piccolo battibecco, innanzitutto in merito a una frase di Fridrikhson in merito alla guerra:«Non è un’invasione, è un’operazione speciale», dice in collegamento. «Le immagini le vediamo anche noi e quello che vediamo è una guerra», incalza Gruber.
E ancora la giornalista russa:«La Russia non ha occupato il Donbass, ma ne ha riconosciuto l’indipendenza… L’obiettivo russo era proteggere le persone che abitano questo territorio». Inoltre la cronista specifica di essersi recata a Mariupol, al contrario della Gruber:«Ho visitato Mariupol e parlato con le persone che hanno deciso di rimanere nei propri appartamenti. Non dico che tutti abbiano alzato bandiera rossa, ma molti di loro sono stati testimoni dei crimini commessi dal gruppo Azov e dai militari delle forze armate ucraine, come quello della clinica ostetrica n.3, dove c’erano tante donne che stavano per partorire e le forze armate hanno tolto il generatore di energia, dicendo che servisse per la guerra».
Quando le è stato chiesto dell’utilizzo del termine “guerra”, la giornalista russa ha replicato:«La chiamo come tutte le persone che riconoscono ciò che è: un’operazione speciale militare… Continuate a raccontare ciò che vi raccontano i vostri partner americani, altrimenti io non vedo nessuna spiegazione su come possiate affermare certe cose senza aver visto nulla sul campo».
La replica di Lilli Gruber a queste parole è stata la seguente:«Personalmente mi fido di più di un giornalista del New York Times che lavora per un quotidiano con una lunghissima tradizione di giornalismo autonomo e indipendente, critico verso il potere, che opera in un Paese dove la libertà d’espressione dei giornalisti viene tutelata e garantita molto più di quanto accada per un giornalista russo, costretto a utilizzare tutta una serie di parole e adottare verità costruite perché se non lo fa viene messo in carcere. Sono cose che qui non accadono ed è una differenza che devo ricordare».
Infine, Fridrikhson ha chiosato il proprio intervento con un invito:«Vi invito a venire a Mosca, nel mio programma, per vedere coi vostri occhi come lavoriamo».
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