Ne avevano annunciato il decesso talmente tante volte che i deputati del suo partito avevano redatto una legge per bloccare le bufale sulla sua morte. Stavolta, però, era tutto vero
Aveva annunciato la sua morte numerose volte, tant’è che i deputati del suo partito avevano redatto una norma per vietare le bufale sulla sua dipartita. E invece, lo scorso mercoledì, di sera, Vladimir Zhirinovsky ha lasciato davvero questo mondo.
La sua è una figura che è stata sulla cresta dell’onda negli anni ’90, ma che fino alla fine ha potuto fare affidamento su un seguito di devoti al suo partito liberale. Era un personaggio alquanto eccentrico, un polemista duro che sfociava spesso nel folcloristico. Zhirinovsky è stato quel politico che ha sfidato lo scrittore Limonov a chi riuscisse a scolarsi un’intera bottiglia di vodka in una sola volta, o che durante un programma tv mise in ridicolo il giovane Boris Nemstov contrario a Vladimir Putin (verrà poi assassinato nel 2007), buttandogli in faccia un bicchiere contenente del succo d’arancia.
Chi era Zhirinovsky
Nel 1989, Zhirinovsky creò il manifesto per un partito social democratico, ma lo denominò partito liberale perché all’epoca andava di moda. È stato il primo a spianare la strada al nazionalismo in una Russia la cui identità viveva una forte crisi identitaria. Nel 1991, dopo aver sostenuto il tentato golpe contro Gorbaciov, si ripropose in una nuova veste, facendo propaganda del suo nazionalismo etnico:«Ci stanno circondando» affermava. «Il progetto dell’Occidente è quello si stringerci nella morsa di cinesi, musulmani, tedeschi e baltici, per annientare la Russia nel giro di trent’anni».
In quel periodo, divenne molto popolare e nel 1993, alle elezioni parlamentari ottenne il 23%, mai più raggiunto. Da quel momento in poi, il suo partito ha conservato sempre un ruolo di falsa opposizione, con un 7/8% . A Mosca, San Pietroburgo e nelle grandi città della Russia, non ha mai ottenuto percentuali importanti.
Zhirinovsky aveva molti consensi nelle zone remote della Russia, nei ceti dove l’istruzione era più carente. Quanto l’attuale presidente russo prese il potere, il consiglio che gli diedero i suoi fedelissimi fu di prendere un thé con Zhirinovsky. I due si trovarono subito, tant’è che Zhirinovsky non si oppose più al leader del Cremlino in cambio di qualche posto privilegiato assicurato ai suoi uomini, mentre Putin entrò in possesso della sua formula.
E così, la storia del cosiddetto Partito liberale russo si concluse in quell’attimo. In Russia, a partire da Putin, tutti parlano come Zhirinovsky. Il nazionalismo si è trasformato in una parola d’ordine, una caratteristica identitaria della nuova Russia. Lo scorso dicembre, Zhirinovsky intervenì alla Duma per l’ultima volta. Prendendo in giro i Paesi stranieri che temevano un’eventuale guerra dei russi contro l’Ucraina, affermò che l’attacco sarebbe occorso “il 22 febbraio alle 4 del mattino”. Sbagliò per soli due giorni. Dopo poco, fu ricoverato. Era un gran negazionista del Covid ed è morto a causa del virus a 75 anni, dopo 3 mesi. La legge che vietava di dare fake news sul suo decesso è stata abrogata il 5 aprile scorso. Ma ieri, 6 aprile, il politico è morto.