Caso Cucchi, sono 8 i carabinieri condannati per depistaggio. Inflitti 5 anni al generale Alessandro Casarsa e 1 anno e 3 mesi al colonnello Lorenzo Sabatino. “Non ci aspettavamo questa decisione, errore giudiziario”.
In data 4 aprile, la Cassazione ha condannato a 12 anni (un anno in meno rispetto alla sentenza di appello) i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati di omicidio preterintenzionale in relazione al pestaggio e alla morte di Stefano Cucchi. Il verdetto è stato dato dai giudici della Quinta sezione penale della Suprema Corte, al termine di una camera di consiglio durata 5 ore.
Oggi, invece, sono otto i carabinieri condannati per depistaggio nel processo relativo alla morte di Stefano Cucchi. Secondo quanto stabilito dal giudice del tribunale monocratico, gli imputati sono responsabili, a vario titolo, di reati di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia. Dopo una camera di consiglio durata otto ore, sono stati inflitti 5 anni al generale Alessandro Casarsa e 1 anno e 3 mesi al colonnello Lorenzo Sabatino. E ancora, inflitti 4 anni a Francesco Cavallo e Luciano Soligo, 1 anno e 9 mesi a Tiziano Testarmata, e 2 anni e 6 mesi a Luca De Cianni. Condannato invece a 1 anno e 3 mesi Francesco Di Sano, mentre a Massimiliano Colombo Labriola spetta 1 anno e 9 mesi.
Al termine della sentenza, il legale della famiglia Cucchi ha definito il generale Casarsa “l’anima nera del caso”. Lo stesso avvocato Fabio Anselmo ha poi commentato: “Tutto quello che hanno scritto su Stefano, che era tossicodipente, anoressico, sieropositivo, è falso. È il momento che si prenda le proprie responsabilità chiunque vada contro questa sentenza e quella pronunciata dalla Cassazione lunedì”. Per la difesa del colonnello Lorenzo Sabatino, invece, si tratta di un “errore giudiziario. “Non ci aspettavamo questa decisione”, ha infatti commentato l’avvocato Adolfo Scalfati.
Sempre al termine della sentenza odierna, si è espressa anche l’Arma, che ha espresso “profondo dolore per la perdita di una giovane vita”. “Ai familiari rinnoviamo – ancora una volta – tutta la nostra vicinanza. La sentenza, seppur di primo grado, accerta condotte lontane dai Valori e dai principi dell’Arma”, sottolinea il Comando generale, che impugna il “fermo e assoluto impegno” nell’agire “con rigore e trasparenza”. Sull’esito della sentenza nei confronti dei militari condannati, inoltre, il Comando generale ha fatto sapere che non appena si avrà verdetto irrevocabile, “verranno sollecitamente definiti i procedimenti amministrativi e disciplinari conseguenti”. Si ricorda, infine, che l’Arma si è costituita a processo come parte civile.
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