Arrivano gli aiuti militari italiani all’esercito ucraino. Che però non ha fatto precisamente salti di gioia all’arrivo dei nostri armamenti.
I soldati ucraini si sono lamentati del basso tasso tecnologico delle armi che hanno ricevuto dall’Italia.
Finisce all’italiana la vicenda delle armi mandate all’Ucraina per difendersi dall’aggressione di Mosca? Pare proprio di sì. Sembra che che le armi italiane al loro arrivo a Kiev non abbiano proprio entusiasmato i militari ucraini. Lo spiega Gianluca Di Feo su Repubblica di oggi. I soldati ucraini hanno montato in un parco le mitragliatrici inviate dagli alleati italiani e, diciamolo, non hanno fatto salti di gioia. Anzi si sono lamentati, scrive Repubblica, del “basso livello tecnologico degli armamenti”. Già le prime immagini sui social, spiega Repubblica, avevano suscitato qualche risolino sarcastico: le mitragliatrici italiane somigliavano molto a quelle della Seconda Guerra mondiale… Non è vero perché le usano anche gli americani, ma è indicativo dello scetticismo con cui sono state accolte.
A dire il vero da Pratica di Mare sono arrivati in Ucraina anche pezzi più pregiati come i missili terra-aria Stinger e i razzi controcarro Panzer Faust. Ma in quantitativi ridotti perché è dalla fine della Guerra Fredda, anni Novanta, che il parco armi italiano non viene rinnovato – non si è pensato molto a equipaggiarsi per conflitti tradizionali. Molte di queste armi sono state poi usate – e consumate – in Afghanistan e in Iraq. Sarebbero efficienti i missili Milan, anche se del 1993. Ma i soldati ucraini dovrebbero essere prima addestrati a usarli. Idem per i mortai da 120 millimetri – a loro volta usati nella missione afghana – tra i primi a essere spediti a Kiev. Ma anche questi armamenti non hanno particolarmente colpito i militari di Kiev, che non li hanno mai schierati al fronte.
In realtà c’è un sistema italiano molto apprezzato dagli ucraini: i fuoristrada blindati Lince. Ma il problema è che non glieli abbiamo forniti noi, se li sono presi loro: catturandoli ai russi. A Mosca li abbiamo venduti – circa 1.700 – tra il 2011 e il 2106.
In sostanza, si palesa quanto diversi analisti avevano preannunciato: la febbre bellicistica che sembra aver invaso il nostro paese alla prova dei fatti si rivela più un tentativo di recuperare credibilità davanti ai partner occidentali, primo fra tutti il potente egemone americano. Una operazione più di facciata che di sostanza. Subito caduta appena le cose si sono fatte serie. Ma la prova del fronte, dove c’è poco da scherzare o da gingillarsi con armi vecchie o inservibili, non mente. E dunque l’affidabilità che si credeva di riguadagnare agitando il sacro fuoco dei “valori occidentali” rischia di scemare velocemente riportandoci alla nostra dimensione di alleati poco credibili. Inevitabilmente destinati ad avere scarsa – o nessuna – voce in capitolo.
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