La Procura ritiene che i genitori sarebbero rei di una grave negligenza, così come i due bagnini e l’amministratrice dell’azienda che si occupa della gestione della piscina comunale
Il prossimo 16 maggio, di fronte al gup Maria Luisa Materia, i genitori del piccolo Christian Menin, morto annegato a soli 7 anni in una piscina comunale, il 9 agosto 2021 a San Pietro in Gru (Padova), dovranno rispondere all’accusa di omicidio colposo.
Con loro, sono sotto accusa anche due bagnini e l’amministratrice dell’azienda che si occupa della gestione della suddetta piscina. Il pm che ha curato le indagini, Roberto D’Angelo, ha tentato di rimettere insieme i pezzi di quanto occorso quel tragico 9 agosto 2021.
Christian, che non sapeva nuotare, era riuscito a sfuggire all’attenzione dei genitori e di due bagnini. Secondo l’ipotesi accusatoria, i primi soccorsi sarebbero giunti soltanto dopo 5 minuti, e questo sarebbe stato un ostacolo al salvataggio del piccolo.
L’accusa ritiene che i genitori sarebbero rei di una gravissima negligenza, perché nonostante sapessero che non sapeva nuotare, avrebbero lasciato il figlio solo accanto alla piscina, che aveva una profondità di 1,20 metri, senza controllare se indossasse ciambelle, braccioli, o altri strumenti salvavita. Uno dei bagnini non avrebbe messo su un adeguato servizio di sorveglianza e non sarebbe intervenuto prontamente per salvare il bambino.
Stesse accuse vengono mosse alla bagnina, che non avrebbe sorvegliato la vasca in modo attento. L’amministratrice, infine, non avrebbe predisposto dei segnali di pericolo nel posto in cui è occorso il dramma.
Christian annegò verso l’ora di pranzo del 9 agosto 2021. A notare il suo corpo che galleggiava a pancia in giù, è stata la bagnina che aveva cercato di soccorrere il piccolo rianimandolo. Inutili i soccorsi dei sanitari sopraggiunti da Cittadella.