Il tribunale di recente ha archiviato il suo caso e sono cadute tutte le accuse nei confronti del giudice, ma ormai è tardi.
Il giudice, caduto in depressione, nel novembre 2019 ha compiuto un gesto estremo. Ma era innocente.
“Papà è stato vittima dei colleghi giudici, si è tolto la vita ma era innocente”. Hanno il sapore acre dell’amarezza le parole dell’avvocato Andrea Vincenti. È il figlio del giudice Cesare Vincenti, l’ex Presidente dei gip di Palermo suicidatosi poco più di due anni fa dopo essere finito al centro di un’inchiesta per corruzione e abuso d’ufficio.
Ma di recente il caso è stato archiviato e tutte le accuse contro il padre sono decadute. Da qui l’amarezza del figlio, che la confida al Riformista: “Mio padre era fermamente convinto di essere estraneo alle accuse – fa sapere l’avvocato – ma si struggeva perché si era ammalato e non aveva più la forza di difendersi”. Tanto più che le accuse contro il giudice Vincenti furono originate, spiega, “dalle calunnie di altri magistrati”.
Il giudice non riuscì a sopportare il peso della false accuse
Il giudice non resse al peso delle accuse infamanti e delle perquisizioni.. E così, poche settimane dopo il pensionamento, si lanciò dal quinto piano della sua abitazione. Era il 21 novembre 2019. Cesare Vincenti, 69 anni, era finito sotto inchiesta nel 2018. La Procura di Caltanissetta lo accusava di essere la “talpa” che aveva fatto trapelare la richiesta di custodia cautelare emessa dalla Procura palermitana a carico di Maurizio Zamparini, l’ex patron della squadra di calcio del Palermo recentemente scomparso. Proprio grazie a quella fuga di notizie, secondo l’accusa mossa al giudice, Zamparini si sarebbe dimesso da ogni incarico nel cda della società per evitare di essere arrestato.
Anche il figlio del giudice, l’avvocato Andrea Vincenti, era stato coinvolto nell’inchiesta. E ora anche per lui è arrivata l’archiviazione. Al Riformista confessa di essere sempre stato sicuro dell’esito positivo dell’inchiesta. Per questo se da un lato l’archiviazione conferma quanto lui e il padre avevano sempre creduto – la loro totale estraneità ai fatti – dall’altro, spiega, “questo provvedimento ci lascia l’amaro in bocca”.
Questo perché l’archiviazione arriva ormai a quattro anni dalle accuse e, soprattutto, dopo il suicidio del giudice Vincenti che nel 2019 era caduto in depressione. E le indagini partite “dal disegno calunnioso lentamente perpetrato da uno o più colleghi di mio padre”, conclude con amarezza il figlio, “hanno causato un peggioramento delle sue condizioni fisiche e psichiche”.