La Russia messa al bando dalla politica internazionale, la NATO che riparte e si riarma, l’Unione Europea che acquista il gas americano: per l’amministrazione Biden la crisi ucraina potrebbe rivelarsi un ottimo affare.
Qualche giorno fa, nel corso di una conferenza stampa congiunta, la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen ed il capo di stato americano Joe Biden hanno annunciato due “accordi di principio” relativi alla fornitura di gas naturale liquefatto (Gnl) e sulla protezione della privacy nel flusso transatlantico dei dati personali. Per quel che riguarda la prima parte dell’accordo, gli Stati Uniti si impegneranno a fornire all’Unione Europea, per quest’anno, 15 milioni di metri cubi di Gnl. Successivamente le forniture aumenteranno gradualmente, fino a raggiungere i 50 milioni di metri cubi nel 2030. Per quel che riguarda il 2022, le forniture in arrivo dagli Usa “permetteranno di sostituire tutto il Gnl che attualmente riceviamo dalla Russia”, ha spiegato la von der Leyen. I 50 milioni di metri cubi previsti entro il 2030 permetteranno invece di sostituire almeno un terzo del gas russo che arriva in Europa.
Una buona notizia: ma per chi? Sicuramente per Washington, che porta a casa un accordo economico totalmente insperato fino ad un mese fa. Un pò meno per l’Europa: se è vero che il gas americano permette di alleggerire di un terzo circa la dipendenza dalla Russia, è altrettanto vero che i costi del combustibile a stelle e strisce saranno di almeno il 20% superiori a quello proveniente da Mosca. Ma, a ben guardare, questo non è l’unico vantaggio che gli Stati Uniti stanno traendo dal dramma dell’Ucraina. La decisione di aumentare gli investimenti in armi deciso dalla quasi totalità dei paesi della NATO (il famoso 2% del Pil su cui si discute aspramente anche all’interno della maggioranza di governo italiana), ad esempio, è un risultato che gli Usa puntavano a raggiungere da anni, ottenendo spesso solo impegni e quasi mai un effettivo incremento dei fondi destinati alla difesa. Perchè questo è un vantaggio per gli americani? Per due motivi: una NATO meglio armata consente uno sgravio di alcune incombenze strategiche per l’esercito a stelle e strisce, innanzitutto. E poi: chi vende le armi che i paesi dell’Alleanza Atlantica andranno ad acquistare in maggiore quantità? I primi esportatori al mondo di armamenti sono – di gran lunga – proprio gli Stati Uniti.
C’è poi un dato politico fondamentale, che riguarda sempre la NATO. L’Alleanza, nata nel 1949 i funzione anti sovietica, era da tempo messa in discussione. Molte voci importanti, tra cui quella del presidente francese Macron, avevano iniziato a considerare l’ipotesi di superare quello che, di fatto, appariva come una sorta di residuato della guerra fredda, ormai del tutto inutile rispetto alle nuove esigenze strategiche globali. Un problema, per gli Stati Uniti, che in passato hanno utilizzato la NATO come strumento più ampio ed internazionale per portare avanti propri interessi strategici: un esempio è la missione militare in Afghanistan, che dal 2006 fino al 2014 è diventata una missione della NATO, appunto. La sconsiderata e brutale operazione militare di Putin ha innescato una reazione che, di fatto, ha ridato slancio e vigore all’Alleanza Atlantica, costringendo i paesi europei a rimetterla al centro dei progetti strategici militari comuni. Forse a discapito dello sviluppo di un esercito europeo che faccia riferimento ai soli interessi strategici dell’UE e che non è ben visto negli Stati Uniti.
E proprio l’indipendenza dell’Europa, o per essere più precisi la riduzione di spazio di azione indipendente europeo, è l’altro grande risultato che Biden sta portando a casa: di fronte all’azione clamorosa di Putin l’Unione Europea si è certamente compattata, ma appiattendosi sulla linea politica dettata dall’amministrazione Biden e sulle posizioni della NATO. Ma i rischi accettati dai paesi europei – dalla crisi energetica all’ipotesi di escalation nucleare del conflitto – sono ovviamente molto maggiori di quelli che eventualmente possono correre gli Stati Uniti, che territorialmente sono divisi dalle tensioni europee da un Oceano. Eppure, invece di cogliere l’occasione e definire una politica autonoma dalle interferenze di Washington, la scelta è stata quella di stringersi ancora di più all’alleato americano. Il quale, come è normale che sia, sta raccogliendo i frutti anche delle nostre decisioni: ma all’Europa (e all’Italia) conviene?
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