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La creazione di un esercito europeo è la fine dell’Ue per come la conosciamo?

La linea interventista con cui si sta affrontando il conflitto in Ucraina potrebbe essere il primo segnale del declino dell’Unione Europea. 

In questi giorni l’Unione Europea ha fatto un enorme passo in avanti nel concretizzare un’idea di cui in realtà si discute da anni. La necessità di costituire un unico esercito di difesa europea è un argomento ben noto agli addetti ai lavori, frenato più che altro da un’Europa che unita davvero non lo è mai stata. Le mire egemoniche delle nazioni più influenti nel vecchio continente, come Francia e Germania, hanno sempre limitato fortemente la possibilità di un coordinamento unico a livello militare. 

Ansa

Come ha fatto notare in una recente intervista il comandante Graziano, la guerra in Ucraina sembra aver dato all’Unione Europea un’unità di intenti che forse non aveva mai trovato in passato. E non esiste dunque momento migliore per fare un passo in avanti verso la costituzione di un esercito unico. 

Di recente, il professore Orsini, esperto di geopolitica con un curriculum molto importante di studi nel settore, è stato vittima di alcune polemiche con la Luiss, l’università in cui insegna, dopo un suo intervento a Piazza Pulita in cui invitava a smettere di considerare Putin un dittatore pazzo, e riflettere invece sulle responsabilità occidentali che ci hanno portato dentro questo conflitto. Un pensiero che, in un momento in cui una buona parte dell’opinione pubblica europea sembra aver riscoperto una vena interventista di altri tempi, contro un dittatore paragonato senza problemi a Hitler, suscita un’indignazione di fondo che per fortuna non sembra ancora tramutarsi in censura ( Ma quanto accaduto in una certa università con un certo scrittore russo di fama mondiale, dovrebbe far riflettere).

Eppure è un dato di fatto che le esercitazioni della Nato in Ucraina dell’estate scorsa, iniziate con l’operazione “brezza marina”, abbiano contribuito in modo decisivo a portare Putin a un punto di non ritorno. 

Putin non è pazzo come lo si vuole descrivere adesso, e semmai va inteso come un zar che insegue e tutela i suoi interessi in modo razionale ed evidente. Non bisognerebbe mai dimenticare che questa guerra non è nata in seguito a una maggior richiesta dell’Ucraina di democrazia, e alla conseguente reazione russa. Questa guerra è nata esclusivamente per la mancata volontà di rassicurare Mosca sul fatto che non avrebbe avuto militari ostili ai suoi confine. Perché, che la Nato abbia da sempre un atteggiamento aggressivo nei confronti della Russia, è incontestabile.  

Nel suo intervento a Piazza Pulita, Orsini fa una domanda ai presenti. Si chiede a un certo punto se non ci troviamo di fronte al fallimento “tecnico” dell’Unione Europea. Un’istituzione che non si è dimostrata in grado di fare i suoi interessi, vedendosi trascinata in un conflitto che sembra fare comodo soltanto agli Stati Uniti. Una domanda profonda quella che si pone il professore, che di certo non può essere liquidata come una provocazione. Anche adesso, l‘Ue per la prima volta nella sua storia, piuttosto che puntare tutto sui negoziati di pace, accettando il fatto che Putin è forse un dittatore sì, ma che resta comunque disposto a trattare per la neutralità, in una guerra che l’Occidente ha contribuito a scatenare, ha deciso di armare l’Ucraina. 

Viene da chiedersi se proprio questa scelta, insieme all’approvazione della “Bussola Strategica”, che si propone di mettere le basi per il futuro esercito unico europeo, non sia davvero la certificazione finale del fallimento dell’Ue.

Un progetto nato da saldi ideali, ma inquinato fin dal principio da una pericolosa deriva tecnocratica ormai sotto gli occhi di tutti. Una riflessione il tema lo impone, in un momento in cui invece, proprio questo interventismo europeo viene visto come una rinascita dell’Europa.

Il problema è che si può rinascere in tanti modi, e non tutti sono all’insegna della democrazia.

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