Uno studio della rivista scientifica evidenzia le carenze del sistema alimentare mondiale. Servono interventi strutturali o sarà crisi.
Un sistema che adesso vacilla per il combinato disposto di due situazioni critiche.
Servono interventi strutturali per risolvere la crisi del grano causata dalla combinazione della guerra in Ucraina e le forti piogge in Cina. Lo sostiene la rivista Nature in un approfondimento scritto da Alison Bentley, direttrice del Global Wheat Program presso l’International Maize and Wheat Improvement Center di Texcoco, in Messico.
La guerra in Ucraina, scrive Nature, “ha provocato interruzioni preoccupanti a breve, medio e lungo termine nelle catene di approvvigionamento alimentare globale”. I due paesi in guerra “contribuiscono infatti per quasi un terzo alle esportazioni di grano a livello globale”. Un paese come il Libano, per esempio, dipende per l’80% dalle importazioni di grano dall’Ucraina.
A rischio per la guerra le coltivazioni di grano in Ucraina
L’impennata del costo delle materie prime mette in serio pericolo i sei milioni di ettari coltivati a grano in Ucraina, che rischiano di andare in rovina per la mancata gestione. A questo si aggiungono, in concomitanza, le forti piogge che in Asia orientale rischiano di compromettere le colture cinesi.
Per sbrogliare questa situazione complicata, Nature suggerisce una serie di interventi. C’è anzitutto un problema di sistema, fa osservare la rivista. La guerra ha fatto emergere “la sconsideratezza di una situazione in cui 2,5 miliardi di persone dipendono pesantemente da tre sole nazioni per l’esportazione del grano”. Ma “con i cambiamenti climatici in atto – aggiunge Nature – è assolutamente necessario espandere la coltivazione di grano anche nelle regioni poco produttive”.
Per fare questo sarà necessario formare, soprattutto nei paesi più poveri, una manodopera qualificata, adottare migliori tecniche di coltivazione per originare piante più resistenti. fornire fertilizzanti e sementi. Vanno anche sostenute, spiega l’esperta di Nature, le donne che coltivano nelle zone rurali. Stime risalenti a dieci anni fa sostenevano che così facendo la produttività dei raccolti sarebbe potuta crescere del 20-30%, diminuendo almeno del 12% le persone che soffrono la fame. Senza interventi e politiche mirati, conclude Nature, la crisi alimentare avrà ricadute importanti sui poveri “anche nelle nazioni ad alto e medio reddito”.