L’inchiesta riguarda l’acquisto di oltre 800 milioni di mascherine ritenute non conformi. L’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid, rischia il processo.
Domenico Arcuri è accusato di abuso d’ufficio. Notificato l’avviso di chiusura indagini ad altre 10 persone, tra cui un imprenditore.
A rischio processo Domenico Arcuri ex commissario straordinario per l’emergenza Covid. Sono state chiuse le indagini dalla Procura di Roma, riguardanti l’inchiesta sull’acquisto di oltre 800 milioni di mascherine ritenute non conformi. Oltre ad Arcuri che è accusato di abuso d’ufficio, i pm hanno notificato l’avviso di chiusura indagini ad altre 10 persone tra cui l’imprenditore Mario Benotti. A quest’ultimo è contestato il traffico di influenze illecite, e Antonio Fabbrocini, responsabile unico del procedimento per la struttura commissariale accusato di frode nelle pubbliche forniture, falso e abuso d’ufficio.
I magistrati di piazzale Clodio, contestano ad Arcuri di avere nella “qualità di pubblico ufficiale – è detto nel capo di imputazione – e in concorso con Fabbrocini e in unione e concorso per mutuo accordo con l’imprenditore Vincenzo Tommasi” costituito “intenzionalmente, in capo al Tommasi, con ciò abusando del loro ufficio, un’illecita posizione di vantaggio patrimoniale”. Un modus operandi che garantiva all’imprenditore “la facoltà di avere rapporto commerciale con la Pa senza assumere alcuna responsabilità sul risultato della propria azione e sulla validità delle forniture che procurava; la quasi totale esclusiva nella intermediazione di fatto delle forniture di mascherine chirurgiche e dpi importati dalla Cina“.
In merito invece alla posizione dell’imprenditore Benotti, accusato con altri sette di traffico di influenze, avrebbe sfruttato le “relazioni personali e occulte con Arcuri, ottenendo che quest’ultimo assicurasse ai partner di Benotti un’esclusiva in via di fatto nell’intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e dispositivi di protezione individuali”. Nei confronti di Fabbrocini si contesta, per quanto riguarda l’accusa di falso, di avere agito “nella qualità di rup” inducendo “il Cts ad attestare falsamente la conformità dei presidi sanitari importati alle norme Uni En”.
“Nel pieno rispetto del lavoro della magistratura, esprimo la mia soddisfazione per l’archiviazione delle ipotesi” di reato “relative non solo alla corruzione ma anche al peculato”. Lo ha dichiarato Domenico Arcuri dicendosi inoltre soddisfatto della “possibilità di esercitare finalmente il mio diritto alla difesa in relazione alla residuale ipotesi di abuso d’ufficio”.
La possibile richiesta di rinvio a giudizio per l’abuso d’ufficio, secondo quanto sottolineato dall’ufficio stampa dell’ex commissario, si profila “tra l’altro per la mancata applicazione di un regio decreto del 1923”. E con il deposito degli atti, ha aggiunto inoltre l’ufficio stampa dell’ex struttura commissariale, “Arcuri potrà finalmente effettuare con piena cognizione degli atti la sua difesa”. In ogni caso, si ribadisce, “il comportamento di Arcuri e dell’intera struttura commissariale è sempre stato conforme al rispetto della legge e delle esigenze della collettività in un momento particolarmente drammatico”. Secondo la difesa dell’ex commissario l’ipotesi di abuso è “particolarmente fragile e incoerente” e dunque, conclude l’ufficio stampa, “nel rispetto dell’attività dell’Autorità giudiziaria, sarà esercitato il diritto di difesa nella maniera più intransigente possibile”.
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