Meglio tassare il petrolio russo e redistribuire i proventi, avverte la Federazione europea per i trasporti e l’ambiente.
Ma i governi Ue sul punto fanno orecchie da mercante, anche se a parole dicono di stare con l’Ucraina.
I governi di tutta Europa sono corsi ai ripari per arginare il caro carburante che ha fatto schizzare alle stelle il listino prezzi alle pompe di benzina. Ma tagliare i costi del carburante avvantaggerà in gran parte gli automobilisti più ricchi. Sono le conclusioni di uno studio di Transport & Environment (T&E), la Federazione europea per i trasporti e l’ambiente, secondo la quale saranno soprattutto le classi più ricche a trarre benefici da una operazione di 8,6 miliardi di euro.
Nel nostro paese la spesa prevista fino ad adesso è pari a 978 milioni di euro, il che posiziona l’Italia è al quarto posto per spesa in Europa, dopo Francia (3 miliardi), Polonia (1,4) e Paesi Bassi (1,36). Ma in media, fanno osservare gli analisti di T&E gli automobilisti più abbienti riceveranno un “premio 8 volte superiore rispetto ai più poveri”.
T&E: tassare il petrolio russo anziché scaricare costi su contribuenti
Sarebbero ben altre, fa notare T&E, le strategie da seguire a livello europeo: in primo luogo tassare le importazioni di petrolio dalla Russia così da finanziare la spesa sociale e promuovere la sicurezza energetica del Vecchio Continente. “Nonostante affermino di stare dalla parte dell’Ucraina, i governi Ue non intendono tassare il petrolio russo scegliendo, per contro, di finanziarlo con quasi 9 miliardi di euro e di scaricare il peso dell’operazione sui contribuenti”. È quanto confessa al Quotidiano Nazionale Veronica Aneris, direttrice per l’Italia di T&E.
Sarebbe più opportuno, incalza Aneris, imporre dazi e tasse al greggio russo e redistribuire gli introiti alle fasce più povere della popolazione, anziché “sovvenzionare gli automobilisti più ricchi”. Iniquo premiare quel 10% di automobilisti più ricchi – mette in luce la ricerca di Transport & Environment – che tendono a servirsi, spesso da soli, di auto più lussuose e spaziose, a più alto consumo di carburante.
Al momento governi Ue preferiscono tagliare le tasse, non acquistare meno petrolio
Ad esempio, i ricercatori hanno stimato che un taglio dei costi di 15 centesimi al litro equivale in 6 mesi a un risparmio di 300 euro per il guidatore di un modello BMW X5 contro i soli 85 euro risparmiati da chi invece guida una Citroën C3. Mentre per contro chi si serve del trasporto pubblico non ricava nessun tipo di beneficio. Allo stato attuale i governi Ue non sembrano intenzionati a acquistare meno petrolio e optano solo per il taglio delle tasse.
E questo quando in un recente report dell’AIE, l’Agenzia internazionale dell’energia, si consigliavano dieci azioni strategiche che avrebbero potuto diminuire la domanda globale di petrolio di 2,7 milioni di barili al giorno. Si tratterebbe di una riduzione di grande portata, pari al consumo delle auto di tutta la Cina. Imporre una tassa avrebbe anche altri effetti positivi: ad esempio una tassa di 254 dollari al barile sul greggio russo assicurerebbe un gettito annuale pari a 27 miliardi. Senza contare che così facendo la Russia dovrebbe per forza adeguarsi, in mancanza di alternative a breve termine rispetto alla vendita di greggio sul mercato europeo.
“Il modo più semplice per ridurre i prezzi del petrolio consiste nel permettere alle persone di usare meno l’automobile”, insiste Aneris che esorta i governi a “garantire il diritto allo smart working” e ad abbassare i biglietti dei trasporti pubblici. Per aiutare le famiglie più povere e vincolate all’uso della macchina bisogna abbassare le imposte sul reddito, alzare le indennità di mobilità o, in alternativa, versare direttamente sussidi in denaro ai più i bisognosi, conclude.