Lo chiamano Covid 20: il contagio emotivo che ha colpito gli adolescenti in pandemia, innescato dalla paura della morte e dalle chiusure.
Esplosi i disturbi psicologici degli adolescenti in pandemia. Terminata la crisi sanitaria ci sarà un lungo lavoro di ricostruzione psicologica da fare.
È uno tsunami silenzioso ma non meno devastante quello che in pandemia ha travolto la psiche degli adolescenti. Ragazzini di 13-14 anni, sopraffatti emotivamente dalla pandemia al punto da aver bisogno di importanti sostegni psicologici. In alcuni casi anche di ricoveri urgenti a causa di raptus e crisi di rabbia di ogni genere che arrivano a sfociare in vere e proprie aggressioni ai danni di genitori, fratellini, compagni di scuola.
Alcuni devono iniziare così un percorso fatto di psicoterapia e farmaci stabilizzatori dell’umore. “I nostri adolescenti stanno male”, spiega all’Agi il dottor Stefano Vicari, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile del Bambino Gesù. “La paura di ammalarsi, l’isolamento, il confinamento in casa spesso senza i genitori, il brusco distacco da quello che era il proprio mondo hanno fatto da elemento detonatore ad ansia, stress e depressione, sfociando in un vero e proprio disturbo conclamato”.
I ragazzi colpiti nella mente dagli effetti della pandemia sono adolescenti che hanno un’età media di 13 anni, dal variegato livello socio-culturale. Nell’80-85% dei casi si rileva un importante consumo di cannabis. Più dei ragazzi, i disturbi colpiscono le ragazze.
Molti di questi giovanissimi, racconta Vicari, si rivolgono a lui dopo un tentativo di suicidio o atti di autolesionismo, dopo aver cercato di infliggersi tagli alle braccia, alle gambe o all’inguine. Altri arrivano fino a salire su cornicione e cercano di buttarsi giù, altri ancora progettano di uccidersi racimolando farmaci e pastiglie che trovano in giro per casa. “Tutti lamentano un profondo senso di vuoto e una debolezza nei confronti della vita”, afferma Vicari.
I numeri sono eloquenti: rispetto al pre-pandemia i casi seguiti dall’ospedale pediatrico sono cresciuti più del 30%, un dato riferito peraltro solo ai casi più gravi, quelli che richiedono un ricovero ospedaliero. Non sono conteggiati i pazienti dimessi dal pronto soccorso né quelli ricoverati in pediatria a causa di disturbi alimentari – a loro volta schizzati del 30% circa.
Una ricerca del Bambino Gesù ha messo a confronto i dati dei due lockdown col periodo pre-pandemico.
È venuto fuori che durante il primo lockdown (marzo-giugno 2020) gli accessi al pronto soccorso sono perfino diminuiti, un dato che si spiega da una parte con la paura del contagio, ma anche col fatto che tutta la famiglia era riunita in casa. Tutt’altra musica invece durante il secondo lockdown (ottobre 2020 – gennaio 2021) dove a prevalere è stato un senso di abbandono e di disagio che ha fatto esplodere i casi, passati dagli 88 del pre-pandemia a 121.
Tra i motivi di ricovero, nel 58,6% dei casi la causa principale è l’autolesionismo (contro il 43,2% dei periodi precedenti), seguito nel 40,4% dei casi dal tentato suicidio (due anni fa al 29,6%). Numeri analoghi, anche se inferiori, sono stati registrati a Firenze.
Cifre preoccupanti che spingono la nota psicopedagogista e psicoterapeuta Maria Rita Parsi a dichiarare, sempre all’Agi, che una volta terminata la crisi sanitaria “dovremo fare i conti con il Covid 20, il virus del contagio emotivo dei ragazzi”. Si tratta, spiega l’esperta, di disturbi in gran parte latenti e amplificati dalla pandemia, in altri casi invece “scaturiti direttamente dalle chiusure e dall’angoscia della morte prospettata dal contagio”. Insomma, una specie di bomba a orologeria innescata dalla mancanza di valvole di sfogo. E che, una volta esplosa, richiederà un lungo lavoro di ricostruzione psicologica. Il bonus psicologo dell’ultimo decreto Milleproroghe è un primo passo nella direzione giusta, ma non è che il primo passo, conclude Parsi.
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