Per far fronte alla guerra l’Ucraina lancia una raccolta di donazioni in criptovalute: finora raccolti oltre 30 milioni di euro.
Bitcoin come mezzo di raccolta fondi: è la nuova idea di Kiev contrastare la guerra voluta da Cremlino.
Per affrontare l’invasione di Mosca, l’Ucraina pensa di finanziarsi anche con le criptovalute. Perciò Kiev ha avviato una collaborazione con le piattaforme Ftx ed Everstake lanciando un sito (donate.thedigital.gov.ua) per la raccolta fondi. Le donazioni potranno avvenire in bitcoin e in altre valute virtuali (tra queste Ether, Tether e Dogecoin) che verranno poi dirottate verso la banca centrale ucraina.
Raccolti fondi in criptovalute per oltre 30 mln di dollari
Il viceministro ucraino per la trasformazione digitale Oleksandre Borniakov ha definito «significativo» e «prezioso» l’apporto delle crypto nell’azione di difesa del paese. Già a partire dallo scorso 26 febbraio sono stati attivati tre wallet. Si tratta di portafogli virtuali grazie ai quali è possibile ricevere criptovalute. In poche settimane la raccolta fondi ha già superato i 30 milioni di dollari. E adesso, grazie al sito ufficiale, Kiev punta a raccogliere un quantitativo ancora maggiore di donazioni.
Bitcoin: uno strumento finanziario sempre più importante
Le criptovalute stanno emergendo come strumento d’avanguardia nel campo della raccolta fondi in occasione di conflitti, crisi umanitarie o sanitarie. Stando ai dati riportati dalla piattaforma The Rock Trading (che permette lo scambio di criptovalute) fino ad oggi sono stati raccolti circa 315 bitcoin. Per dare un’idea: il bitcoin, la regina delle criptovalute, attualmente ha una quotazione attorno ai 40 mila dollari, per cui 315 bitcoin fanno 12,6 milioni di dollari raccolti. Inoltre sono stati raccolti quasi 8 mila Ethereum, circa 21 milioni in dollari. Il record di scambi in criptovalute è stato toccato proprio alla vigilia della guerra, arrivando il 25 febbraio a superare i 4 milioni di dollari. Un valore quasi 4 volte superiore alla media, spiega al ‘Corriere della sera’ Andrea Medri, fondatore e direttore finanziario di The Rock Trading.
Un mezzo per aggirare le sanzioni?
Ma c’è anche il rovescio della medaglia: le autorità temono che le criptovalute possano essere usate per aggirare le sanzioni occidentali alla Russia, esclusa dal circuito bancario internazionale Swift. Una eventualità che Medri giudica però «impossibile» dato che, riferisce sempre al ‘Corriere’, «i numeri ci raccontano tutta un’altra storia. Il volume complessivo aggiuntivo di bitcoin e tether nei giorni dal 24 febbraio al 7 marzo ammonta a 350 milioni di dollari (da inizio anno hanno movimentato circa 750 milioni)». Parliamo insomma, continua Medri, «di una dimensione troppo piccola per coprire movimentazioni necessarie a controbilanciare le sanzioni, che riguardano ordini di grandezza di 100 volte superiori». A detta dell’esperto le movimentazioni sul mercato delle criptovalute sono minime rispetto agli investimenti diretti all’estero della Russia (ide) che «ammontano a oltre 17 miliardi di dollari, le riserve in valuta estera a 360 miliardi e le stime sulla decrescita del Pil russo 2022 indicano una perdita del valore aggiunto superiore ai 100 miliardi».
Bitcoin e oligarchi: un rapporto da monitorare
Non è da escludere invece che delle crypto possano servirsi gli oligarchi russi per salvare i loro patrimoni dal congelamento dei beni. La Svizzera infatti sta monitorando i loro conti proprio per tenere sotto controllo possibili fughe di capitali. Tuttavia, osserva sempre Medri, questa fuga non si sta realizzando: «Ce lo dicono sempre i flussi su bitcoin, che per quanto in forte ascesa, sono ancora limitati, e non solo in Russia. Anche in Ucraina la situazione è molto simile, con il volume giornaliero medio di acquisti di bitcoin in grivnia (la moneta ucraina, ndr) che è passato da 10,5 bitcoin a 19,17». Anche in questo caso siamo davanti a cifre troppo esigue per le esigenze finanziarie degli oligarchi, anche se la situazione va monitorata con attenzione.
Boom crypto dovuto agli investimenti della gente comune
Il boom delle criptovalute è dovuto ad altro. Sono le «persone comuni», afferma Medri, a comprare e vendere crypto in Russia e Ucrraina. E questo lo dicono nuovamente i numeri, spiega Medri: «Le grandi transazioni, sopra i 100mila dollari, nel periodo tra il 24 febbraio e il 7 marzo sono rimaste in un range tra 15mila e 23mila su un totale che per tutto il periodo non si discosta dalle 300mila transazioni». Non si registrano dunque spostamenti di grandi capitali in coincidenza con lo scoppio e gli sviluppi della guerra, conclude perciò l’esperto di criptovalute.