Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha parlato dell’ipotesi dell’accisa mobile per porre un freno al vertiginoso costo del carburante che in questi giorni sta interessando il nostro Paese conseguentemente allo scoppio della guerra in Ucraina.
Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha parlato della valutazione, da parte del governo, dell’applicazione di una eventuale accisa mobile sui carburanti. Per ora è soltanto un’ipotesi, ma l’intento sarebbe di «contenere l’impatto sui consumatori finali» dato dall’aumento dei prezzi, conseguentemente a quanto sta accadendo in queste settimane in Ucraina, in seguito allo scoppio della guerra.
Cingolani precisa che, dato che «c’è stato un maggior gettito Iva, questo potrebbe essere utilizzato per ridurre le accise e ottenere una riduzione del prezzo alla pompa». Tuttavia, il ministro sottolinea che «operare sui carburanti è molto complesso».
Si tratta di una misura che andrebbe a semplificare il meccanismo di eliminazione degli effetti moltiplicatori degli incrementi del prezzo industriale dei carburanti sull’Iva. Cingolani spiega che nel lungo periodo, in particolare dal prossimo inverno, ci sarebbe bisogno di «sostituire completamente 30 bcm di gas russo con altre fonti. Sebbene questo sia possibile in un orizzonte minimo di 3 anni, tramite misure strutturali, per almeno i prossimi due inverni sarebbe complesso assicurare tutte le forniture al sistema italiano».
Il ministro prosegue spiegando quanto sta accadendo attualmente e chiarendo che ora, «il flusso di gas dalla Russia è il più alto mai registrato. La fornitura è assolutamente costante in tutta Europa, l’Europa sta continuando ad acquistare gas, la fornitura continua». A questo proposito, Cingolani fa una riflessione:«Se la materia è la stessa, non è possibile mi costi cinque volte di più, perché stiamo mettendo in ginocchio gli operatori. Certo, non c’è qualcuno in Italia che sta facendo una cosa sbagliata, il problema è di questi hub che non lavorano sulla materia prodotta ma scambiando certificati. È solo una grande speculazione da parte di certi hub. È un problema molto serio che non sta mettendo in ginocchio solo l’Italia ma tutti Paesi europei».
Quel che porta a riflettere è il fatto che l’Europa prosegue nell’acquistare gas russo, «la fornitura è continua e si parla di pagamenti da oltre un miliardo di euro giorno, che in periodo di guerra ha implicazioni che vanno oltre il settore energetico. Il price cap sul gas uguale per tutta l’Europa sarebbe una grande notizia».
Ora, per far sì che il nostro Paese riduca di 20 miliardi di metri cubi l’importazione di gas russo a breve, il governo sta ipotizzando «un incremento fino a 9 miliardi di metri cubi l’anno». Affinché questo possa realizzarsi, è necessario, come spiega il ministro, accordarsi «con il Governo algerino per ottenere forniture aggiuntive via gasdotto all’Italia al posto dell’attuale export di Gnl verso altri mercati. La missione del Ministro degli esteri in Algeria del 28 febbraio ha esplorato con successo tale possibilità, prevedendo anche la possibilità di future importazioni addizionali di gas a fronte di nuovi investimenti in attività di produzione di gas nel territorio algerino».
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Tra le ipotesi illustrate dal ministro Cingolani, c’è anche quelle di avere un aumento di importazioni di energia elettrica dall’Europa settentrionale, in modo da far diminuire il consumo di gas «del parco termoelettrico italiano».
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Il governo starebbe inoltre ipotizzando anche una «nuova capacità di rigassificazione su unità galleggianti ancorate in prossimità di porti, realizzabile in 12-18 mesi (dall’ottenimento delle autorizzazioni) per circa 16-24 miliardi di metri cubi. Tale soluzione è più rapida e flessibile rispetto a terminali onshore, e di minore costo per il sistema; nuova capacità di rigassificazione onshore».
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Cingolani spiega che sarebbe possibile realizzare «progetti per due terminali per complessivi circa 20 bcm anno di capacità, già autorizzati, in circa 36-48 mesi; raddoppio della capacità Tap». In tal modo, si avrebbe un aumento dei flussi pari a circa 10 miliardi di metri cubi. Affinché questo possa accadere, il ministro chiosa asserendo che ci vorrebbero «circa 45 mesi per incremento dei primi 2 bcm (tramite interventi in Albania) e circa 65 mesi per l’incremento di ulteriori 8 bcm (ulteriori interventi in Albania e Grecia e alcuni interventi sulla rete italiana)».
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