“Se provate, le pratiche oggetto dell’indagine possono violare le regole Ue in materia di accordi anticoncorrenziali tra società e o di abuso di posizione dominante”, precisa Bruxelles in una nota.
L’accordo segreto tra Google e Meta (Facebook) per i servizi di pubblicità display online, è finito sotto il mirino dell’Antitrust UE, che ha aperto un’indagine informale al fine di valutare se l’accordo possa aver violato le regole di concorrenza europee a danno di editori e inserzionisti. Il documento incriminato riguarda l’intesa sottoscritta nel settembre 2018 dai due colossi dell’informazione, sotto il nome in codice “Jedi Blue“, che prevedeva la partecipazione di Meta al programma Open Bidding. L’accordo segreto era già finito sotto la lente della Competition Market Authority (Cma) del Regno Unito, e l’Antitrust Ue intende “collaborare strettamente all’indagine britannica seguendo le norme e le procedure applicabili“.
La risposta di Google: “Accuse false, accordo era pubblico”
“Le accuse mosse dalle autorità Antitrust di Ue e Regno Unito sono false“. Lo riferisce un portavoce di Google. “Si tratta di un accordo documentato pubblicamente e a favore della competizione, che consente a Facebook Audience Network (Fan) di partecipare al nostro programma Open Bidding, insieme a decine di altre società“, sottolinea il portavoce, indicando che “l’obiettivo è aumentare la domanda di spazi pubblicitari degli editori, così da aiutare gli editori ad aumentare i ricavi“.
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L’Antitrust “Intesa limita e distorce la concorrenza nel mercato”
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“Attraverso il cosiddetto accordo Jedi Blue tra Google e Meta, una tecnologia concorrente all’Open Bidding di Google potrebbe essere stata presa di mira con l’obiettivo di indebolirla ed escluderla dal mercato per la visualizzazione di annunci sui siti web e sulle app di editori che si affidano alla pubblicità display online per finanziare i contenuti online per i consumatori“. A spiegarlo è la vicepresidente Ue responsabile per la Concorrenza, Margrethe Vestager, che esterna le preoccupazioni perché l’intesa “limiterebbe e distorcerebbe la concorrenza nel mercato già concentrato della tecnologia pubblicitaria, a scapito delle tecnologie di pubblicazione degli annunci rivali, degli editori e, in definitiva, dei consumatori“.