Il contestatore di Salvini milita in un partito patriottico e nazionalista, a tratti anti Ue e contro i partiti, che in passato aveva flirtato col M5s.
“Non ci interessa la polemica della sinistra italiana o polacca, siamo qui per aiutare chi scappa dalla guerra”. Matteo Salvini si sottratto così, in maniera un po’ sbrigativa, al fuoco di fila dei giornalisti che volevano inchiodarlo sulla polemica lanciata da Wojciech Bakun, sindaco di Przemysl, la cittadina polacca sul confine ucraino visitata dal segretario della Lega come tappa di una non meglio precisata marcia della pace in Polonia.
Il punto è che Bakun non è esattamente un militante della sinistra polacca, malgrado impugnasse, per rinfacciarla al leader del Carroccio, una maglietta con la faccia di Putin. Giusto all’opposto, Bakun è un esponente di Kukiz 15, li partito fondato dal cantante punk e attore Paweł Kukiz, attualmente alleato col partito popolare. È con Kukiz 15 che nel 2018 è stato eletto sindaco di Przemys, cittadina di circa 60 mila abitanti sul confine polacco-ucraino.
Un partito che, come si può leggere sul suo sito in internet, difende valori come “patriottismo, diligenza, innovazione e rispetto per i cittadini della Polonia e i loro diritti” ma vuole anche porsi come alternativa “ai partiti politici immersi in conflitti partiocratici e anticivici”. In sostanza, una specie di mix tra la carica populista, antipartitica e antisistema del M5S degli esordi e una difesa patriottica dei valori nazionali polacchi che spostano più verso destra il baricentro del partito. È in questo contesto che si svolge la carriera politica di Bakun, informatico e imprenditore, oltre che appassionato di montagna, che alle spalle ha studi di diritto e di amministrazione pubblica.
“Ci sono situazioni in cui devi dire la verità dritta in faccia”, ha detto Bakun dopo la contestazione nei confronti dell’ex ministro degli interni italiano, al quale ha rievocato i suoi rapporti con Putin: “Nessun rispetto per lei”, ha detto in faccia a Salvini, aggiungendo poi: “Vorrei che venisse al confine a visitare i rifugiati per vedere cosa ha fatto il suo amico Putin”.
Successivamente il sindaco di Kukiz 15 ha insistito nello spiegare le ragioni del suo gesto col quale, appena saputo che il senatore leghista avrebbe visitato anche Przemysl, ha voluto rimproverargli il supporto all’azione militare di Putin sul suolo ucraino: “Nel 2017 – rammenta il sindaco polacco – Matteo Salvini si fotografava con la stessa identica maglietta sullo sfondo del Cremlino, identificando Putin come suo amico e sostenendo l’annessione della Crimea”.
Quell’anno Bakun si trovava tra i banchi del Sejm, la camera bassa del Parlamento polacco, eletto sempre tra le file di Kukiz 15, un partito che pare non disprezzasse affatto avere alleati in odore di neofascismo, che ambiva a rivoluzionare gli schemi e a scardinare l’antico dualismo destra-sinistra, che difendeva ideali secondo i quali la sovranità “appartiene alla nazione” e non “a oligarchie di partito, né a governi stranieri, a corporazioni internazionali o media stranieri”. Parole che avrebbero potuto benissimo essere pronunciate dallo stesso Salvini, ma che si trovano invece nel programma nazionale di Kukiz 15, nemmeno tanto distanti da certe parole d’ordine della Lega – o almeno della Lega di qualche tempo fa.
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Stesso discorso per il rapporto con Bruxelles. Il partito di Bakun sferza l’Europa “governata da istituzioni non democratiche e autoritarie”. Ancora una posizione anti Ue molto vicina a quella del Carroccio. Sul sito di Kukiz 15 si trova ancora un accordo coi Cinque Stelle per chiedere una profonda revisione delle istituzioni europee, il quinto dei sei punti del manifesto europeo diffuso a suo tempo sui social network dall’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
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Era il 2019, con le manifestazioni dei gillet gialli francesi e la strana coppia gialloverde M5S-Lega al governo. Quasi un altro pianeta. In quel frangente è facile ipotizzare che Salvini in Polonia sarebbe stato accolto in ben altra maniera. E chissà, magari proprio da Bakun. Poi è capitato di tutto, inclusa la guerra lanciata dalla Russia dell’“amico Putin” che sta creando non pochi imbarazzi e difficoltà al leader leghista.
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