Il casolare sequestrato a Tano Badalamenti era stato assegnato ai parenti di Peppino Impastato, il giornalista ucciso su ordine del boss.
È stato un banale errore di trascrizione, fanno sapere i legali del Comune: un refuso al momento di trascrivere le particelle catastali e così la famiglia dell’antico capo mafia di Cinisi, implicata nell’assassinio di Peppino Impastato, è ritornata in possesso di un casolare sequestrato dall’Antimafia. Una svista burocratica ha così beffato il lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine. Con grande compiacimento da parte di Leonardo Badalamenti, figlio di «don Tano», al secolo Gaetano Badalamenti, il capo della cosca mafiosa che ordinò l’uccisione di Impastato.
Un errore burocratico che avvierà un aspro contenzioso
Anche il diretto discendente del boss ha avuto i suoi guai con la giustizia, con due condanne alle spalle (una in via definitiva). Aveva minacciato il sindaco Gianni Palazzolo per aver concesso il casolare di famiglia all’associazione creata dal fratello e dalla figlia di Peppino Impastato per stabilirci il centro di aggregazione giovanile «Casa Felicia» (in onore della madre di Impastato, ucciso da una bomba della mafia).
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Felicia Impastato è la «madre coraggio», la donna che nell’aula bunker palermitana ebbe l’ardire – e il fegato – di puntare il dito contro il potente Zu Tano, che sarà poi condannato. Dietro allo svarione burocratico c’è anche questa storia – immortalata al cinema dal regista Marco Tullio Giordana con un Luigi Lo Cascio agli esordi a prestare il suo volto a Peppino Impastato. E tutto per un cavillo. Come quello che ha portato alla scarcerazione di Badalamenti junior, fermato dalla Dia nell’agosto 2020, ma poi rilasciato. La Corte dichiarò di non poter accettare la richiesta di estradizione dal Brasile – dal quale Leonardo, ricercato per traffico internazionale di droga, è rientrato quattro anni or sono – perché in alcuni punti violerebbe il trattato bilaterale col paese sudamericano.
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Il Comune di Cinisi è intenzionato a resistere e ha fatto sapere che, a dispetto della sentenza favorevole, «Badalamenti non può tornare in possesso del bene perché quando l’Agenzia lo assegnò a noi non valeva niente e solo dopo la ristrutturazione ha acquisito un vero valore». La controparte, dal canto suo, contesta al sindaco il mancato rispetto della sentenza e chiede di avere le chiavi. Ma dal Comune insistono: secondo il codice antimafia, dicono, Badalamenti potrà riavere l’immobile solo dietro pagamento di un adeguato indennizzo. Si annuncia dunque un duro contenzioso. La prima mossa l’ha fatta Badalamenti denunciando il sindaco al tribunale di Trapani per appropriazione indebita. In risposta il primo cittadino lo ha controdenunciato per calunnia.