Continua il viaggio di MeteoWeek all’interno di una delle prospettive più rivoluzionarie degli ultimi decenni: il reddito di base universale.
Questa misura può letteralmente cambiare il volto della nostra società perché consiste in un reddito minimo garantito a tutti i cittadini. Il reddito di base universale parte dal presupposto che il reddito sia un diritto fondamentale così come la salute e l’istruzione.
Ma parte anche da un altro presupposto vale a dire quello secondo il quale il lavoro va progressivamente diminuendo. I progressi tecnico-scientifici e l’informatizzazione sempre più avanzata, uniti all’intelligenza artificiale, al machine learning, rendono tanti lavori ormai obsoleti. Il movimento per l’introduzione di un reddito di base universale è ormai planetario e non c’è paese al mondo che non conti degli attivisti che si battano per ottenerlo.
Chi è contrario
Eppure dagli ambienti più conservatori arrivano delle obiezioni a questa misura. Cerchiamo di analizzarle alla luce del pensiero di uno degli economisti che ha fondato l’idea del reddito di base universale vale a dire Guy Standing. Una delle obiezioni più forti al reddito di base universale è quella secondo la quale avere un reddito garantito spingerebbe la gente all’inattività. In sostanza i detrattori del reddito di base universale sostengono che se si ha un reddito garantito, non si è motivati a lavorare. Guy Standing risponde a queste obiezioni con una battuta folgorante e con la forza dei numeri e dei dati.
Ma davvero spinge a stare sul divano?
Innanzitutto l’economista sostiene che se fosse vero che l’avere un reddito assicurato spinge all’inattività allora tutti i milionari e miliardari sarebbero inattivi perché già sufficientemente provvisti di danaro. Ma in realtà questo aspetto è stato già approfondito da esperimenti pilota sul reddito di base universale portati avanti in Finlandia, negli USA ed in Canada. In questi tre paesi esperimenti condotti su questa rivoluzionaria misura hanno dato la stessa risposta: chi ha il reddito di base non è spinto all’inattività, anzi spesso è più dinamico e più motivato a cercare un lavoro per poter avere un maggior agio oppure a tentare la via di aprire un business in proprio.
Una risposta allo sfruttamento
L’economista sottolinea anche come nella nostra società lacerata dalle disuguaglianze sempre più marcate e stridenti, il reddito di base universale costituisca un autentico antidoto allo sfruttamento. Infatti in un mondo sempre più precarizzato e nel quale il lavoratore gode di tutele sempre più esigue, soltanto il reddito di base universale o un salario minimo garantito possono impedire al datore di lavoro di imporre al dipendente paghe da fame.
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Come vi abbiamo già sottolineato negli articoli precedenti è attualmente attivo presso l’Unione Europea un grande referendum che scadrà a giugno. Se entro giugno si raccoglieranno online un milione di firme, il Parlamento Europeo potrà valutare concretamente l’ipotesi di introdurre il reddito di base universale in tutta Europa. Una prospettiva entusiasmante che riporterebbe certamente un po’ di serenità, ma anche di giustizia sociale nel vecchio continente.