L’Occidente continua in questi giorni a minacciare Putin di far uscire la Russia dello Swift se non ferma subito le sue truppe in Ucraina. Si tratta però di una sanzione che rischia di danneggiare pesantemente anche l’Europa.
Le esplosioni continuano ad avvicinarsi a Kiev.
L’ultima è avvenuta nella notte di oggi 27 Febbraio 2022 nei pressi di Vasylkiv, una città che si trova a circa una trentina di chilometri da Kiev e che ospita una delle basi aree militari più importanti dell’Ucraina. La guerra non si ferma, e probabilmente Putin spera di poter conquistare la nazione con un’operazione lampo, contando sul fatto che la popolazione non è pronta per una vera resistenza. Il premier Zelensky continua a parlare agli ucraini e nessuno sa dove si sia rifugiato per sfuggire alla Russia, mentre l’Occidente riflette su quali siano le sanzioni più efficaci per provare a fermare l’avanzata di Putin.
Al momento, la minaccia più consistente di cui si è discusso tantissimo nei vertici europei e in America, è quella di escludere Mosca dallo Swift, il sistema di pagamenti internazionali. Un acronimo che sta riempendo le pagine dei giornali di questi giorni, anche se in pochi sanno effettivamente di cosa si tratta.
Che cos’è lo Swift
Lo Swift ( Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication) è un sistema di messaggistica utilizzato dalle nazioni di tutto il mondo, che garantisce di poter effettuare delle transazioni per l’acquisto di beni nella massima sicurezza. È il massimo standard di protezione informatica per le transazioni finanziarie ideato dall’Occidente e ospita al suo interno oltre undicimila aziende con un traffico medio di circa 42 milioni di messaggi al giorno. La società è stata fondata nel 1973 e ha la sua base operativa a Bruxelles. La sua supervisione è stata delegata alla Bce, ai rappresentanti della Federal Reserve System e ha già dimostrato di poter essere una vera e propria arma politica di grande impatto da poter utilizzare durante i conflitti.
Essere esclusi dallo Swift significa perdere fino a 5-7 di Pil come diretta conseguenza, come hanno avuto modo di sperimentare l’Iran nel 2012 e il Venezuela qualche anno dopo. Nemmeno una superpotenza come la Russia sarebbe in grado di sfuggire alle pesantissime ripercussioni che provocherebbe la sua esclusione da questo sistema cifrato di transazioni. Al tempo stesso però, a farsi male sarebbero anche tante nazioni europee. Le banche italiane e francesi sono quelle più esposte, che intrattengono maggiori rapporti commerciali con la Russia oltre alla fornitura di gas, e dunque si tratta di una vera e propria arma a doppio taglio. E c’è la questione energetica. All’interno dello Swift, l’Occidente conclude transazioni con la Russia per l’acquisto di gas e petrolio a un ritmo di circa 700 milioni di dollari al giorno. Sospendere queste transazioni sarebbe una vera e propria follia, che però è stata esclusa da Biden nei giorni scorsi, spiegando che le sanzioni di cui si sta escludendo non riguarderebbero comunque l’energia.
La decisione di escludere la Russia dallo Swift potrebbe poi cambiare per sempre gli equilibri geopolitici, e anche questo è uno scenario che l’Occidente deve valutare con molta cura. Risulta evidente come a quel punto sia Putin, ma probabilmente anche la Cina, farebbero di tutto per costruire un sistema alternativo, e trattandosi di un’alleanza tra due superpotenze, l’impressione è che nel giro di un paio di anni, l’Occidente vedrebbe il suo sistema di messaggistica per le transazioni, perdere gradualmente di rilevanza in favore del nuovo soggetto su cui agirebbero Mosca e Pechino. La Banca Centrale Russa possiede oltretutto già un suo sistema di pagamenti chiamato Mir, ideato nel 2014 quando per la prima volta gli Stati Uniti minacciarono Putin con l’esclusione dallo Swift, dopo la decisione del Cremlino di annettere la Crimea. Il Mir si occupa attualmente di gestire assicurare la massima sicurezza a circa il 25 per cento delle transazioni finanziarie nel paese, ma un suo utilizzo anche per l’estero resta al momento un’incognita. Oltre al Mir, Mosca ha anche sviluppato in questi anni un’altra rete di pagamenti denominata Spfs, System for Transfer of Financial Messages he soltanto nel 2021, ha ospitato circa 13 milioni di messaggi tra più di quattrocento intermediari finanziari, con nomi non trascurabile come Unicredit e Deutsche Bank, arrivando a coprire circa il 20 per cento delle operazioni in Russia.
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La Russia dunque dispone già di alcune alternative nel caso in cui l’Occidente alla fine decidesse realmente di punire Mosca con l’uscita dallo swift, e il rischio più grande è che alla fine a rimetterci siano proprio le nazioni europee. Non bisogna poi dimenticare dell’asse che Putin sembra aver stretto con la Cina fin dall’inizio dell’invasione. Un’alleanza che potrebbe portare il Cremlino, nel caso in cui subisse questa sanzione, ad appoggiarsi anche alla People’s Bank of China, che ospita al momento intermediari di oltre cento nazioni diverse.