Per l’ex premier e l’ex presidente degli industriali la difesa dei valori democratici costerà ai paesi europei un alto prezzo economico.
“Se guardiamo a quel che è successo nel 2014, dopo l’occupazione della Crimea, direi proprio” che le sanzioni siano utili. “In un quinquennio l’economia russa ha perso nove punti di Pil, non mi pare un dato banale. C’è poi un altro aspetto, non squisitamente economico: noi imprenditori saremmo sempre contro le sanzioni perché danneggiano anche le nostre aziende, ma nello stesso tempo siamo cittadini e come tali dobbiamo valutare le scelte dei governi. Personalmente condivido le decisioni dei governi dell’Occidente di fronte a un atto così grave come quello della Russia di Putin. L’importante è che le sanzioni non penalizzino di più l’economia europea rispetto a quella russa che si vuole colpire”. Lo dichiara, a “Repubblica”, l’ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.
Più in generale, spiega Marcegaglia, “la guerra, con la sua drammaticità, deve essere l’occasione per mettere finalmente in campo un credibile piano di politica energetica nazionale ed europeo. Non è possibile che i due principali Paesi manifatturieri del continente, Germania ed Italia, dipendano dal gas russo per le loro attività produttive”.
“Se la situazione va avanti così ancora per qualche giorno la ripresa si ferma o almeno rallenta seriamente. Questa guerra peserà sulla ripresa mondiale. È anche possibile un’accelerazione dell’inflazione e una più immediata reazione delle banche centrali, che già stavano programmando una stretta graduale”. Romano Prodi, interpellato dal “Corriere della Sera”, si dilunga sugli scenari economici che si potrebbero inaugurare in Italia e in Europa per via del conflitto fra Russia e Ucraina. “Sia le sanzioni in generale che quelle eventuali sul settore dell’energia – continua Prodi – colpirebbero particolarmente il nostro Paese. In Europa, per essere esatti, colpirebbero soprattutto l’Italia e la Germania perché sono le economie che esportano più beni strumentali alla Russia. Se le sanzioni pongono limiti molto forti all’esportazione di tecnologie per l’industria, sicuramente l’Italia e la Germania ne avrebbero un danno, ma bisogna capire se anche la Russia ne avrebbe un danno. Certo per noi la perdita non sarebbe solo temporanea, per la durata delle sanzioni, perché i nostri clienti russi ci sostituirebbero con prodotti cinesi che poi sarebbe molto difficile scalzare. Se si guardano i dati, l’intensificazione dei rapporti di scambio fra Russia e Cina già oggi è impressionante”.
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“Nulla è più prezioso dei valori democratici – prosegue l’ex premier e presidente della Commissione Ue – ma dico solo, da vecchio professore di economia industriale, cosa succederebbe con le sanzioni. Perderemmo qualcosa anche nei beni alimentari, anche se in questo caso non rischiamo una sostituzione di lungo periodo. Il problema serio sono gli approvvigionamenti di gas ed energia, anche se da un paio di giorni la Russia sembra aver aumentato le forniture di gas che prima aveva lasciato scarseggiare. Questa scarsità ha già creato problemi notevolissimi. Una reazione ci vuole – precisa – so bene che le sanzioni sono inevitabili, ma attiro l’attenzione sul fatto che il loro impatto sarà del tutto asimmetrico. Costerebbero molto all’Europa e in particolare all’Italia e alla Germania. Costerebbero invece molto meno agli Stati Uniti che le stanno chiedendo con forza, ma non hanno con la Russia gli stessi nostri rapporti di scambio”.
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“Sono assolutamente atlantista e per la Nato – termina Prodi – ma l’alleanza non può essere solo militare. Trovo che gli Stati Uniti dovrebbero dimostrare solidarietà ai Paesi europei che compiono lo sforzo delle sanzioni. I modi di venire in aiuto sono tanti e certamente il gas liquefatto americano non aiuterebbe, se continuasse ad arrivare a cinque volte il prezzo di nove mesi fa. In un’Unione economica e ormai anche politica, quale è oggi l’Europa, non possiamo permetterci di avere tanta diversità di approcci. Per questo quando ero presidente del Consiglio ho sempre cercato di diversificare le fonti. Anche se l’energia arriva da Paesi difficili, meglio che siano molti e diversi piuttosto che uno solo”.
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