Il blocco occidentale per le sanzioni si allarga, ma l’Europa continua ad avere molto da perdere nell’iniziare una guerra commerciale contro la Russia
Gli Stati Uniti non sembrano avere dubbi: il riconoscimento di Donetsk e Luganks come repubbliche indipendenti, fa parte di una strategia che Vladimir Putin persegue fin dall’inizio di questo conflitto diplomatico: invadere l’Ucraina in modo da distruggerne il percorso democratico in atto e allontanarla dalle grinfie dell’Occidente. Una tesi che è stata ribadita nella conferenza stampa che si è tenuta ieri sera, martedì 22 Febbraio 2022, dal segretario di stato Usa Anthony Blinken con il Ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Blinken non ha usato mezzi termini nell’affermare che quanto sta accadendo nella nazione guidata Zelensky sia una crisi che Mosca ha costruito ad arte per annetterla. Una situazione molto seria, al punto che Blinken afferma che ci troviamo di fronte alla “più grande minaccia alla sicurezza in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale”.
Parole molto simili a quelle utilizzate in questi giorni del premier inglese Johnson, che aveva accusato direttamente Putin di voler provocare un’altra guerra mondiale. Dello stesso avviso è anche l’Unione Europea, che già dopo l’annuncio arrivato da Mosca, aveva espresso profonda preoccupazione per questo risvolto geopolitico, dichiarandosi pronta a varare nuove sanzioni contro la Russia.
Un fronte comune contro Putin che oltretutto si allarga.
Anche premier giapponese Fumio Kishidaha ha condannato le scelte di Mosca delle ultime settimane, affermando che questi comportamenti “compromettono la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina, violando il diritto internazionale”. Per questi motivi il Giappone è disposto ad accodarsi al blocco occidentale che si sta formando per varare nuove sanzioni. Il governo di Tokyo come primo atto, annullerà i visti di tutte le persone che rivendicano legami diretti con le repubbliche separatiste appena nate evitando anche di iniziare qualunque tipo di rapporto commerciale. Anche la Finlandia si sta schierando contro Putin, dichiarandosi disposta a stoppare un progetto comune con Mosca che riguarda la costruzione di un reattore nucleare in partnership con il gruppo russo Rosatom. Il premier Marin ha spiegato che il suo governo bloccherà qualunque tipo di collaborazione con la Russia fino a quando non ritirerà le truppe dal suolo ucraino. Ma non solo, perchè alla luce dei fatti degli ultimi giorni, la Finlandia aiuterà anche economicamente l’Ucraina, affinché possa continuare nel suo percorso di indipendenza da Mosca.
La situazione non è semplice per l’Ue, la Russia resta il principale rifornitore di gas per il vecchio continente
Il tema delle sanzioni però continua a dividere, e forse non è una caso che la Germania al momento resta defilata. In caso di nuovi embarghi commerciali sarebbe infatti tra le nazioni più danneggiate insieme all’Italia. La situazione naturalmente riguarda un po tutto il vecchio continente dato che la Russia continua a restare il principale rifornitore di gas europeo, ma su questo, come ha anticipato nella giornata di ieri la Von der Leyen, l’Ue sta lavorando per trovare una soluzione comune. Bruxelles è consapevole che in caso di nuove sanzioni contro Mosca, le conseguenze economiche andrebbero a impattare alcune nazioni più di altre, e per questa si sta ipotizzando di varare dei fondi europei per sostenere economicamente gli stati membri che resterebbero più danneggiati. Tra questi vi è anche l’Italia, forse persino più esposta della Germania.
Ma dopo alcune settimane in cui aveva mantenuto un profilo basso, Mario Draghi è intervenuto ieri sulla questione, prendendo una posizione netta e decisa contro la scelta di Putin.
In caso di nuove sanzioni, si arriverà allo stop totale del Nord Stream 2?
La Germania invece continua a richiamare l’attenzione l’Europa sul blocco che si era già imposto mesi fa per l’inaugurazione del gasdotto Nord Stream 2. Da alcuni mesi che il progetto si è bloccato nonostante sia stato completato, su richiesta dell’Ue che aveva alla Germania di attendere e mettere in stand by il progetto, per poter avere a disposizione un’arma diplomatica di un certo rilievo da utilizzare contro Mosca. Evidente però come questi continui rinvii danneggiano la nazione tedesca tanto quanto quella russa. La Von der Leyen nel suo intervento si è detta cosciente di questa criticità: “Questa crisi dimostra che l’Europa è ancora troppo dipendente dal gas russo”.
L’Inghilterra ha preso una posizione molto forte già da alcuni giorni, condannando in modo netto la scelta del Cremlino, arrivando a definirla “un chiaro attacco alla libertà e la democrazia”.
Putin va dritto per la sua strada.
La portavoce del Ministro degli Esteri Maria Zakharova continua a ripetere all’Occidente che Mosca resta aperta a qualunque tipo di soluzione diplomatica a questo conflitto, e non ha interesse a cercare lo scontro. In tal senso, il riconoscimento di Donetsk e Lugansk viene visto da Mosca come un atto inevitabile, per perdere il controllo geopolitico di un territorio troppo vicino ai confini russi, alla luce della pressione che la Nato continua ad esercitare nei terriorio ad est.
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Ma forse il vero problema è che gli Stati Uniti continua a chiedere troppo a Mosca: l’Ucraina è un vero e proprio stato cuscinetto tra queste due superpotenze ed era logico che Putin non potesse mai accettare di ritrovarsi il patto atantico a pochi chilometri dai suoi confini.