Cts e gestione pandemia Covid, Miozzo: “Prendevamo decisioni al buio, facile criticare ora”

Cts e gestione pandemia di Covid-19, risponde l’ex coordinatore Agostino Miozzo: “Prendevamo decisioni al buio, facile criticare ora. Misure dipendevano da valutazioni scientifiche, oggi sembra aver prevalso logica più politica”.

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Agostino Miozzo sugli errori del Cts: “Prendevamo decisioni al buio” (foto di archivio)  – meteoweek.com

“Abbiamo dovuto prendere decisioni drammatiche, praticamente al buio. Senza informazioni, senza elementi di certezza, senza una guida da parte degli organismi internazionali”. Questa la risposta di Agostino Miozzo, ex coordinatore del Comitato tecnico scientifico che affrontò a febbraio 2020 la neonata pandemia di Coronavirus, a una domanda de Il Corriere della Sera. “La gestione di qualsiasi emergenza è zeppa di errori”, ed è per questo – spiega ancora nell’intervista – che è importante valutare il “contesto in cui ci siamo mossi”.

Criticare a fuochi spenti le nostre scelte è facile”

“Ci siamo riuniti per la prima volta il 7 febbraio, da allora fino al 12 marzo del 2021 siamo stati convocati altre 164 volte. Questo il clima in cui si lavorava nella sede della Protezione civile. Poi il governo Draghi ha rinominato un nuovo Cts fino al 4 febbraio 2022. In tutto 62 riunioni, la metà”, racconta Miozzo nell’intervista. Un clima che portava il Cts e il governo a lavorare insieme, in una fase in cui le scelte “dipendevano da valutazioni scientifiche”. Ad oggi, invece, “sembra aver prevalso una logica più politica”.

“Nei primi giorni del 2020 le uniche informazioni arrivavano dalla Cina. Ricordo che solo l’11 marzo l’Oms ha annunciato ufficialmente l’avvio della pandemia. Nessun organismo extra nazionale, a cominciare dall’Ue, ha condiviso comunicazioni di allarme fornendo istruzioni di comportamento”, ha raccontato l’ex coordinatore del Cts. Una situazione, questa, che “tutti hanno sottovalutato”. Eppure, ha proseguito, “criticare a fuochi spenti le nostre scelte è facile. In quella fase non c’erano certezze neppure sui tempi di incubazione dell’infezione, si oscillava tra due e 14 giorni”.

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Per ciò che riguarda il lockdown, invece, Miozzo spiega che si è trattato di una decisione “durissima”. “Nessuno ha fatto pressioni dirette su di noi ma ricordo quante riflessioni di natura politica ed economica ci venivano riportate. Nessuno sapeva quali sarebbero state le conseguenze del lockdown. Esitavamo, cercavamo un equilibrio. Alla fine ha vinto il virus: i casi galoppavano e bisognava fermarlo”. Una decisione talmente difficile da prendere, che si è persino tardato ad applicare. “Se avessimo anticipato al 20 febbraio – ha evidenziato Miozzo – la diffusione sarebbe stata diversa. Mancavano i presupposti per deciderlo. Perché avremmo dovuto dare queste indicazioni? A me tutti questi che adesso criticano quanto è stato fatto sembrano patetici. Bravissimi, da fuori”.

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Ma ciò che l’ex coordinatore ha raccontato ai giornalisti, sono state anche le sofferenze maggiori affrontate durante quel primissimo periodo d’emergenza: “Vietare l’ingresso dei parenti nelle RSA, le residenze sanitarie assistite, immaginare gli anziani lasciati soli, impedire i funerali, le famiglie che non potevano dare l’ultimo saluto ai loro cari. Rispondevo al cellulare per ascoltare la gente piangere. Sindaci, colonnelli dei carabinieri, medici, direttori di ospedale. Cercavamo soluzioni senza averne perché mancavano mascherine, ossigeno, tutto. E gli avventurieri del commercio imperversavano”.

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