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Cronaca

Chiamato per uno sgombero, rigattiere scopre 40 fusti con feti e resti umani: “Buttali in campagna”

Chiamato per uno sgombero, rigattiere scopre 40 fusti con feti e resti umani. Il titolare del magazzino: “Buttali da qualche parte in campagna”. Mistero sulla loro provenienza, indaga la Procura.

fusti con feti e resti umani (foto via Il Resto del Carlino) – meteoweek.com

Macabro ritrovamento, quello avvenuto mercoledì sera, nella zona industriale di Granarolo (Bologna). Come si apprende da Il Resto del Carlino, protagonista è stato un ragazzo di origini sinti, rigattiere della zona. Si trovava in un capannone industriale nei pressi di via dell’Artigianato, quando ha scoperto l’inaspettato contenuto di circa una quarantina di barili gialli – tutti colmi di resti umani. A consegnargli il titolare di una società di sgombero di locali, che aveva chiamato il giovane con la scusa di fargli portar via del ferro dal suo magazzino.

Fusti con resti umani, “non c’è nulla di irregolare o da nascondere”

Chiara la richiesta dell’uomo che ha ingaggiato il giovane rigattiere nella serata di mercoledì 16 febbraio: oltre al ferro vecchio, avrebbe dovuto portare via anche tutti quei fusti gialli. Fatti trovare allineati lungo il muro del deposito, il titolare del magazzino avrebbe chiesto al ragazzo di “buttarli da qualche parte in campagna”. Richiesta che sarebbe stata accettata, ma non prima di verificare il contenuto di quei misteriosi barili. Aprendone uno, agli occhi dei due è apparso uno strano liquido verdastro, dal quale è poi emerso nel giro di poco un feto. E ancora, ispezionando tutti gli altri, il giovane ha potuto constare che anche all’interno degli altri fusti vi erano conservati dei resti umani. Spaventato, il giovane ha filmato tutto con il suo telefono, allertando immediatamente le forze dell’ordine. Sul posto sono giunti in seguito anche i Vigili del fuoco del nucleo Nbcr, che hanno provveduto ad isolare l’area.

rigattiere scopre 40 fusti con feti e resti umani (foto via Corriere)- meteoweek.com

Secondo quanto è stato ricostruito, quel misterioso liquido sarebbe in realtà formaldeide, sostanza usata per la conservazione dei corpi. Il che spiegherebbe, anche, il perché dai barili non fosse fuoriuscito alcun tipo di odore. Spostati e sequestrati, i fusti si trovano ora a disposizione della magistratura. Alla luce della scoperta, però, un secondo sopralluogo è stato fatto in un deposito di via dell’Industria, in zona Roveri. Secondo quanto ipotizzato dalla Polizia, che sta ora indagando sul caso: la prima ipotesi sarebbe stata quella che vedeva i barili provenire dal Sant’Orsola, barili sarebbero stati perciò ricondotti a pratiche di smaltimento di resti umani. Eppure, gli inquirenti hanno ascoltato i dipendenti dell’ospedale universitario, che avrebbero confermato come presso la struttura ospedaliera non si svolgono pratiche di conservazione in formaldeide, a fini scientifici e di ricerca.

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Inoltre, lo smaltimento di resti umani avverrebbe normalmente per cremazione o, in casi particolari, di inumazione, e sarebbe comunque necessario l’intervento di ditte specializzate. Altra ipotesi è che i resti possano provenire sì da una struttura universitaria, ma nello specifico da una biblioteca di anatomia – dove in particolar modo i feti vengono conservati per motivi di studio e di ricerca. Da alcuni accertamenti effettuati, sarebbe in effetti emerso che anni fa sarebbe stata effettuata una ristrutturazione dei locali della stessa biblioteca, con relativo sgombero dei materiali. Sembrerebbe probabile, dunque, che i fusti siano stati portati nel capannone in quell’occasione, e lì dimenticati. Fino alla loro riapparizione di mercoledì sera.

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Proseguono comunque le indagini, coordinate dalla Procura di Bologna. Convalidato il sequestro, al momento l’ipotesi di reato è quella di illecito trattamento di rifiuti speciali, a carico del titolare del capannone. Lo stesso titolare, infatti, dovrà essere ascoltato per chiarire agli inquirenti se fosse o meno a conoscenza del contenuto dei barili. Nel frattempo, raggiunto dai giornalisti, avrebbe raccontato: “Quel materiale si trovava nel magazzino da alcuni anni e mi era stato affidato da un museo. Non c’è nulla di irregolare o da nascondere”. Sulla vicenda non si sono espressi né il procuratore capo Giuseppe Amato, né il sindaco di Granarolo, Alessandro Ricci. Si tratta dunque di un episodio “ancora tutto da verificare”.

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