Non è ancora chiaro se gli sms di cui parla la mediatrice Ue O’Reilly esistano sul serio, ma la reazione della Commissione non può che destare perplessità.
900 milioni di euro.
Questa la cifra che alla fine venne concordata tra l’Unione Europea e le case farmaceutiche per procedere all’acquisto di quei vaccini che il vecchio continente riteneva in quel momento indispensabili per uscire dalla pandemia. Una trattativa lunga, la cui segretezza destò scandalo già lo scorso anno, e su cui alcune settimane fa la mediatrice Emily O’Reilly, responsabile della promozione della buona amministrazione Ue, ha chiesto chiarezza a Bruxelles.
Da tempo infatti, la donna chiede che vengano resi pubblici i messaggi di testo che la Presidentessa della Commissione Ue Ursula Von der Leyen si scambiò con il Ceo di Pfizer nel corso della negoziazione. Una richiesta che nasce dalla fine di un’inchiesta avviata dagli stessi vertici europei a fine settembre, che aveva accertato come la trattativa aveva violato le regole poste dalla Commissione Europea, ed etichettata come “cattiva amministrazione”. A quel punto desecretare quei messaggi di testo all’insegna della trasparenza sembrava una formalità, ma qui arriva il primo colpo di scena di questa storia. La Commissione Europea si rifiuta sostenendo che quei messaggi di testo non possono in alcun modo essere considerati dei documenti ufficiali. Una giustificazione che O’Reilly ha sempre considerato inaccettabile: “Le pratiche amministrative dell’Ue dovrebbero evolversi e crescere con i tempi in cui viviamo e con i metodi moderni che utilizziamo per comunicare. Questo implica considerare anche i messaggini di testo. Anche perché gli sms veri e propri, così come le chat, rientrano nella legge sulla trasparenza dell’Ue. Quando si tratta del diritto di accesso del pubblico ai documenti dell’Ue, è il contenuto del documento che conta e non il dispositivo o il modulo”.
A sollevare per primo la questione era stato il New York Times nell’Aprile del 2021. Il quotidiano americano pubblicò un articolo in cui metteva in rilievo una segretezza fatta di chiamate e messaggi di testo sconosciuti al grande pubblico, che aveva portato alla stipula di un accordo commerciale che resterà nella storia tra l’Ue e le case farmaceutiche.
Il primo a chiedere che questo scambio diventasse pubblico era stato un giornalista di Netzpolitik di nome Alexander Fanta. La Commissione rifiutò la richiesta del giornalista spiegando che non esistevano registrazioni disponibili delle trattative. Una tesi che verrà qualche tempo dopo smontata dall’inchiesta di O’Reilly che scoprirà come in realtà la Commissione Europea non si era mai preoccupata di chiedere all’ufficio personale della Von der Leyen se esistessero dei messaggi di testo della negoziazione. Una mancanza grave, al punto che la mediatrice parla chiaramente di “un caso di cattiva amministrazione: il modo ristretto in cui è stata trattata questa richiesta di accesso pubblico significa che non è stato fatto alcun tentativo di identificare se esistessero messaggi di testo. Ciò non soddisfa le ragionevoli aspettative di trasparenza e standard amministrativi nella Commissione”. Anche perché, spiega la donna, è la stessa Commissione ad aver disatteso le regole in materia. Se da un lato è vero che non vi è obbligo di registrare tutte le comunicazione testuali durante le trattative, alcune comunicazioni devono invece essere registrate obbligatoriamente laddove riguardino “le politiche e le decisioni della Ue”, come impone il regolamento comunitario sulla trasparenza. A ricostruire la vicenda è stata in queste settimana la trasmissione “Fuori dal Coro”, condotta da Mario Giordano e in onda su rete 4. Dall’inchiesta dei giornalisti di Mediaset, è emerso come la Commissione Europea aveva infine deciso di rendere pubblici tre documenti delle trattative: una email, una lettera e un documento. Nessuna traccia però di questi sms che la Von der Leyen avrebbe scambiato con i vertici di Pfizer nel corso delle trattative.
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È così è nato questo scandalo, che potrebbe anche portare l’Ue a rivedere i propri regolamenti in merito alla trasparenza. Risulta infatti evidente come in un modo sempre più digitalizzato, un messaggio di testo durante delle trattative così importanti, ha la stessa valenza di un documento ufficiale e la legislazione deve necessariamente adeguarsi il prima possibile.
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