Il caso di don Jean Bekiaris: condannato dal tribunale ecclesiastico per abusi su un bimbo di 8 anni, la prescrizione lo salva nel penale.
Un documentario della Bbc si occupa della questione degli abusi sui minori nella chiesa italiana, ricordando come in Italia non sia ancora mai stata condotta un’indagine com’è accaduto altrove e menziona, tra i casi venuti alla luce negli ultimi tempi, quello di don Jean «Gianni» Bekiaris, 60 anni, sacerdote tuttora incardinato nella diocesi di Frosinone.
Una storia di violenze e abusi proseguita per 16 anni. Tutto ha avuto inizio nel 1996, quando don Bekiaris era parroco a Ceprano e la vittima aveva otto anni. La vicenda coinvolge pure, osserva la televisione britannica, «il macchinoso sistema legale italiano».
Condannato dal tribunale ecclesiastico, la prescrizione lo salva da quello penale
Il pm aveva richiesto una condanna pari a sette anni di carcere ma il processo si è concluso nel 2019 perché i reati oggetto di accertamento erano caduti in prescrizione. Alla famiglia della vittima don Bekiaris ha versato un risarcimento del valore di 112 mila euro. Nelle motivazioni della sentenza, i giudici del Tribunale di Frosinone avevano riconosciuto la colpevolezza del sacerdote dopo aver acquisito anche la sentenza emessa dal tribunale ecclesiastico. Sì, perché nel frattempo anche la Chiesa aveva processato e condannato il prete, ed è qui che la faccenda si fa tortuosa.
La Bbc ha mostrato le immagini, rintracciabili anche sul web, di messe celebrate in pubblico da don Bekiaris, anche risalenti a pochi mesi fa. Tra i fedeli, in alcune foto, si intravedono dei bambini. Nel documentario viene intervistata la vittima che dichiara di essere nauseata dalla Chiesa. Anche lo stesso don Bekiaris è stato avvicinato per un’intervista: «Lei è un pedofilo?», gli viene chiesto a bruciapelo. E lui replica: «Questo è quello che sta dicendo». «No, è quello che dice la sua vittima», ribatte il giornalista. A quel punto il sacerdote chiude la porta pronunciando un laconico «addio».
Il vescovo: “Ho seguito le regole, non dipendeva da me”
Il vescovo di Frosinone, Ambrogio Spreafico, dichiara alla Bbc di essersi attenuto alle procedure stabilite dalla Congregazione per la Dottrina della fede: «Hanno deciso in questo modo, non dipendeva da me», conclude il prelato. La Congregazione vaticana ha deciso di proibirgli per sempre, «a vita», di svolgere qualsiasi attività coi minori. La Bbc riproduce la risposta dell’ex Sant’Uffizio: il divieto aveva la finalità di «guarire ed espiare», si potrebbe consentire la celebrazione di una messa pubblica con i minori «purché non siano mai lasciati soli».
Al Corriere della sera il vescovo Spreafico spiega che quando fu messo al corrente del caso era appena arrivato in diocesi: «Ho saputo nel 2009 e l’ho immediatamente tolto dalla parrocchia, in attesa del processo è stato mandato in una comunità religiosa. Com’era mio dovere, ho istruito il processo canonico. Poi è la Congregazione per la Dottrina della fede che stabilisce sentenza: è stato condannato “ad vitam” a un ministero lontano dai minori. Di fatto la situazione è rimasta quella. Lui non può avere né avrà mai alcun incarico pastorale in parrocchia o altrove».
Può celebrare messa perché non è stato dimesso dallo stato clericale
Ancora a luglio dello scorso anno, nelle pubblicazioni diocesane, Bekiaris figurava come «amministratore del Seminario di Veroli e responsabile della Casa di riposo del Clero». Ma il vescovo precisa che non ricopre questo incarico e che ad ogni modo «il Seminario non esiste più da anni, rimane solo la denominazione dell’ente ma è una struttura vuota». Ora Bekiaris vive là, «in una stanza dell’edificio in cui gli altri locali sono in affitto». E «celebra Messa da solo». Quanto alle messe pubbliche, il vescovo dice: «È capitato che mancasse un sacerdote e fosse chiamato per celebrare, finita la Messa rientrava a casa. D’altra parte, non è stato dimesso dallo stato clericale». Nel frattempo è in corso una causa civile.
LEGGI ANCHE -> È morto il neonato che era finito con la carrozzina sui binari
Rimane da capire perché sia ancora sacerdote. La normativa più severa voluta da Benedetto XVI ha accelerato le procedure fin dal 2010, la Congregazione non ha mai indicato dati precisi ma si parla di «centinaia» di preti in tutto il mondo che in casi analoghi sono stati «ridotti allo stato laicale».
LEGGI ANCHE -> Lgbt, una drag queen alla Casa Bianca: l’ultima tempesta su Biden
«Centinaia? Possono dire quello che vogliono, in Italia ne hanno spretati ben pochi», afferma Francesco Zanardi, vittima per tre anni di un prete pedofilo da quando di anni ne aveva undici. Nel 2010 Zanardi ha fondato «Rete l’abuso» e alcuni giorni fa, assieme a altre otto associazioni, ha creato il «Coordinamento contro gli abusi nella Chiesa cattolica» per chiedere un’inchiesta indipendente anche in Italia, come successo in Francia o in Germania. «Come Rete l’abuso abbiamo censito altri casi simili. Il problema è enorme. Non c’è controllo, zero. Un letamaio».