Dopo la bocciatura della Corte Costituzionale, che ha giudicato inammissibile il referendum sull’eutanasia, che fine farà la legge sul suicidio assistito in Parlamento?
Oggi, giovedì 17 febbraio, approda alla Camera dei deputati il testo di legge che vorrebbe introdurre in Italia il suicidio assistito. Nel pomeriggio, infatti, i parlamentari inizieranno a votare gli emendamenti proposti, e lo faranno in un contesto di notevole attenzione mediatica. Ad accendere i riflettori sulla vicenda è stato il parere della Corte Costituzionale, che ha giudicato inammissibile il referendum sull’eutanasia, ovvero sulla pratica nella quale è il medico a somministrare il farmaco necessario a morire (a differenza del suicidio assistito, dove, invece, è il paziente stesso ad assumere il farmaco, spesso aiutato da una seconda persona che rimuove gli ostacoli affinché questo avvenga). Nonostante si tratti di questioni differenti, la sensazione è che la decisione della Corte possa essere utilizzata come giustificazione (pretestuosa) per richiedere la bocciatura anche della legge sul suicidio assistito. Il cappello in grado di tenere insieme entrambe le discussioni è uno, espresso in maniera abbastanza semplice (e semplicistica): il dibattito sul fine vita. Nel caso del suicidio assistito, tuttavia, c’è già una sentenza della Corte Costituzionale emessa nel 2019 in occasione della morte di Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo.
In quell’occasione, la sentenza stabilì l’ammissibilità del suicidio assistito in presenza di specifiche condizioni: se la persona che richiede il suicidio assistito ha una patologia irreversibile che causa sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, se è pienamente capace di intendere e di volere, e se è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, può essere accompagnata verso il fine vita. In quel caso, sostiene la sentenza, il medico che ha fornito il farmaco non è punibile. La sentenza, tuttavia, necessita ora di un testo di legge in grado di garantirne un’applicazione più organica. Qui entra in gioco il Parlamento e il dibattito sul fine vita. La bozza originaria del testo ha già ottenuto l’approvazione, nelle Commissioni di Giustizia e Affari sociali della Camera, da parte di Pd, M5s, LeU, Italia Viva, Azione e +Europa. Contrati, invece, i voti di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, che ora potrebbero appoggiarsi sul “successo” della bocciatura del referendum sull’eutanasia da parte della Corte Costituzionale.
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Cosa è successo con il referendum sull’eutanasia?
Più nello specifico, la Corte Costituzionale avrebbe giudicato inammissibile il referendum sull’eutanasia attiva, richiesto con una raccolta di 1,2 milioni di firme promossa dall’associazione Luca Coscioni. Il referendum avrebbe voluto abrogare parte dell’articolo 579 del codice penale, che punisce l’eutanasia attiva, cioè l’omicidio di persona consenziente da parte di un medico che somministra il farmaco in grado di porre fine all’esistenza del malato. In attesa delle motivazioni integrali, al momento la Corte avrebbe diffuso una nota dell’ufficio stampa in cui afferma che, stando al tipo di quesito referendario proposto, “non sarebbe stata preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili“. Un parere che lascia l’amaro in bocca almeno a 1,2 milioni di italiani, e che è subito stato giudicato pretestuoso da parte dei sostenitori del referendum.
Immediata la reazione di Marco Cappato, leader dell’Associazione Luca Coscioni, che ha definito il parere della Corte “una brutta notizia. È una brutta notizia per coloro che subiscono e dovranno subire ancora più a lungo. Una brutta notizia per la democrazia“. Poi avrebbe aggiunto su Twitter: “Sull’eutanasia proseguiremo con altri strumenti, abbiamo altri strumenti. Come con Piergiorgio Welby e dj Fabo. Andremo avanti con disobbedienza civile, faremo ricorsi. Eutanasia legale contro eutanasia clandestina“. Una vicenda che, per forza di cose, si lega a doppio filo alla legge sul suicidio assistito oggi presente alla Camera. La legge in Parlamento non sostituisce un eventuale testo sull’eutanasia, ma potrebbe quanto meno lenire la delusione di chi sostiene che sia un diritto decidere sul proprio fine vita.
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Le reazioni della politica
“La bocciatura da parte della Corte Costituzionale del referendum sull’eutanasia legale deve ora spingere il Parlamento ad approvare la legge sul suicidio assistito, secondo le indicazioni della Corte stessa“, afferma su Twitter il segretario del Pd Enrico Letta. “Ci conforta che con il testo Perantoni, noi abbiamo un progetto normativo ben articolato. Ora quindi dobbiamo correre più decisi, sollecitare le altre forze politiche per portare avanti il nostro progetto“, fa eco il leader del M5S, Giuseppe Conte, in assemblea congiunta di deputati e senatori Cinquestelle. Per Conte, tuttavia, sembrerebbe restare un margine di dialogo, alimentato anche dalla facilità con cui sembra aver liquidato il referendum sull’eutanasia: “A questo punto la questione appare superata“, avrebbe dichiarato dopo il parere della Corte. Poi avrebbe aggiunto: “Abbiamo un testo, una discussione già avviata, l’imperativo morale è dare una risposta al paese e alle tante persone in difficoltà che chiedano procedure chiare e trasparenti davanti a condizioni di vita che appaiono irreversibili. Noi su questo dobbiamo essere in prima fila a incitare le altre forze politiche“.
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Toni pacati, dunque, che non rivendicano la legittimità del diritto di decidere sul proprio fine vita, ma l’esigenza di leggi chiare. Toni che potrebbero lasciare spazio di manovra a chi, invece, appare totalmente contrario. Primi tra tutti, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. “Sacrosanta la decisione della Corte costituzionale di dichiarare inammissibile il referendum proposto dai radicali sull’omicidio del consenziente, anche se sano. Un quesito inaccettabile ed estremo che avrebbe scardinato il nostro ordinamento giuridico, da sempre orientato alla difesa della vita umana e alla tutela dei più fragili e deboli. Una sentenza di buon senso. C’è ancora spazio nel nostro ordinamento per difendere il valore della vita, come Fratelli d’Italia intende fare con il suo impegno“, avrebbe dichiarato senza mezzi termini la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Più moderata la ministra degli Affari regionali Mariastella Gelmini, che commenta in questo modo il parere della Corte: “È un tema delicato che interroga la coscienza e la fede di ciascuno di noi. Sono cattolica, ma credo che si debbano rispettare le sofferenze di tante persone. Spero che su queste tematiche ci sia libertà di coscienza“. Resta ora da capire come andranno a sommarsi le posizioni moderate ed estremiste sul fine vita, resta da capire se e quando riusciranno a trovare un’intesa o ad imporsi con l’inappellabilità dei numeri. Resta da capire, insomma, se il testo di legge farà la stessa fine del Ddl Zan.