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Cronaca

Spara ai genitori e poi giustizia il socio: l’esecuzione che rimane un enigma

L’agguato è avvenuto a Palma di Montechiaro. Frutto di vecchi dissapori o faida mafiosa?

Sarà chiamato a rispondere alle accuse di omicidio, tentato omicidio e porto illegale di arma clandestina Angelo Incardona, il 44enne anni fermato dai carabinieri della Compagnia di Licata dopo l’agguato a Palma di Montechiaro, nell’Agrigentino, in cui ha perso la vita il 66enne Lillo Saito, socio di un’impresa di gelati. Un’esecuzione in piena regola la sua, che rimane un enigma. Il cadavere dell’uomo è stato rinvenuto dentro la sua auto in piazza Provenzani.

Ucciso da quattro colpi al volto e alla testa

L’autore del delitto nelle mani dei carabinieri – Meteoweek

Stando alle prime ricostruzioni, l’assassino ha fatto fuoco a distanza ravvicinata: quattro pallottole hanno colpito la vittima al volto e alla testa senza lasciargli alcuno scampo.  Immediatamente dopo il killer si sarebbe recato dalla consorte e le avrebbe confessato l’omicidio. È stato allora che, accompagnato dalla moglie, ha raggiunto il Comando provinciale dei carabinieri di Agrigento per confessare l’uccisione. Con sé aveva una pistola Beretta 92 FS con matricola abrasa.

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“E’ una vecchia storia di mafia” avrebbe dichiarato nell’immediatezza. Poi agli investigatori dell’Arma ha raccontato di aver sparato anche ai propri genitori e non a quelli della vittima come era apparso inizialmente: G. I., di 66 anni, e M. I. di 6. Prima di eliminare Saito, li ha raggiunti nella loro residenza a Palma di Montechiaro e ha aperto il fuoco. I due anziani sono stati immediatamente soccorsi e successivamente trasportati all’ospedale di Licata, ma non sono in pericolo di vita.  L’uomo è stato interrogato a lungo dal procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, dal sostituto Maria Barbara Cifalinó, dal comandante provinciale dei carabinieri di Agrigento, Vittorio Stingo, e dal comandante del nucleo Investigativo, maggiore Luigi Balestra.

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All’origine del delitto vi sarebbero vecchi contrasti e, forse, una faida di stampo mafioso. “Sono in corso gli accertamenti investigativi per stabilire quale sia il movente”, dicono laconicamente gli investigatori. “Incardona è stato condotto in carcere, la salma all’ospedale di Agrigento a disposizione dell’autorità giudiziaria per l’autopsia”.

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