Tribunale del riesame nega gli arresti in carcere a ginecologo che avrebbe fatto proposte indecenti alle sue pazienti, la Procura fa ricorso in Cassazione.
La Procura della Repubblica di Bari ha fatto ricorso in Cassazione contro la decisione del Tribunale del Riesame del capoluogo pugliese che aveva respinto la richiesta di arresto in carcere a carico del ginecologo Giovanni Miniello, 69 anni, dallo scorso 30 novembre agli arresti domiciliari perché accusato di violenza sessuale aggravata ai danni di alcune sue pazienti. Negli scorsi giorni è stata depositata l’ordinanza del riesame emessa il 30 dicembre scorso dal Tribunale in funzione di giudice dell’appello.
Offriva sesso in cambio di guarigione dal papilloma virus
Più nello specifico, il ricorso riguarda gli episodi relativi a quattro presunte vittime del ginecologo, dimessosi dall’ordine dei medici. Pare in realtà che, secondo la tesi portata avanti dalla Procura nella richiesta di incidente probatorio, le parti offese siano sedici in tutto. Lo specialista avrebbe proposto di fare sesso alle pazienti promettendo loro che così sarebbero guarite dal papilloma virus e come forma di prevenzione nei confronti del tumore dell’utero che spesso rappresenta un’evoluzione della prima patologia.
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Per la Procura di Bari, in particolare secondo il procuratore Roberto Rossi, l’aggiunto Giuseppe Maralfa, i sostituti Larissa Catella e Grazia Errede, il professionista, nel proporre a una delle pazienti la cosiddetta ‘terapia degli anticorpi’, avrebbe provato a condizionarne “la volontà, così minacciandola, con l’induzione nella donna del timore, che al rifiuto di quella ‘terapia’, conseguisse la progressione oncologica virale all’ano”. In occasione delle visite nello studio del medico le pazienti si sarebbero viste sottoporre a veri e propri atti sessuali camuffati dietro l’esame diagnostico. L’uomo avrebbe palpeggiato e toccato le vittime nelle zone intime, abusando così delle condizioni di inferiorità psicologica in cui le stesse versavano. Ad ogni modo le donne avrebbero rifiutato le proposte avanzate dal ginecologo.
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A giudizio del Tribunale del Riesame non vi sarebbe stata quindi costrizione tanto che le donne avrebbero opposto il loro rifiuto alle richieste. Il medico non avrebbe chiesto il consenso per alcune pratiche invasive messe in atto e oltretutto, come evidenziato dagli accertamenti condotti dagli inquirenti, le stesse pratiche esulavano dalla prestazione sanitaria ginecologica e dalla attività diagnostica: le stesse risulterebbero quindi totalmente estranee alla attività di indagine medica, oltre ad essere state abbinate all’utilizzo di frasi e affermazioni a esplicito sfondo sessuale.