Il titolare della Farnesina sembra essersi trasformato durante il governo Draghi, scoprendosi d’improvviso un centrista sempre più distante dai valori del Movimento
Che la crisi dei 5 Stelle sia profonda, sembra averlo certificato lo stesso Grillo.
“La situazione è complicata” ha scritto su Facebook il garante pentastellato, all’indomani del provvedimento cautelativo del Tribunale di Napoli, che ha nei fatti sospeso i vertici in attesa di nuove votazioni. La decisione del giudice è arrivata oltretutto in un momento in cui la leadership di Conte era stata messa in discussione da Luigi Di Maio, storico esponente del Movimento, che ha rimproverato all’ex premier di aver gestito male le trattative per il Quirinale.
La frattura, al di là di alcuni segnali distensivi di circostanza è profonda. Sembra quasi che Di Maio abbia deciso di uscire allo scoperto dopo mesi di silenzio.
Nessuno però sembra avere troppa voglia di difenderlo.
Basti solo pensare alle durissime stilettate che gli sono arrivate da giornalisti come Travaglio o Scanzi, che non si sono fatti problemi ad accusarlo apertamente di poltronite. La sensazione secondo molti, è che ormai si sia troppo innamorato del potere per rinunciarci. E, aspetto non secondario in questo ragionamento, per quelle che sono le regole attuali del Movimento, questo è l’ultimo mandato politico di Di Maio, che alle prossime elezioni non potrebbe più ricoprire alcun incarico. Gli stessi giornalisti che per anni hanno elogiato la capacità di mediazione di Di Maio, che si è sempre distinto in tal senso rispetto ai barricaderi alla Di Battista, adesso invece lo accusano di essere diventato un democristiano puro.
Ed effettivamente con la nascita del governo Draghi, qualcosa sembra essere cambiato per il titolare della Farnesina. Di Maio ha sempre rappresentato l’ala governista dei 5 Stelle, la persona più ragionevole con cui trattare e discutere per gli avversari politici del Movimento. A questo però, aveva sempre affiancato una certa aggressività sulle questioni politiche fondamentali per il Movimento, e ne aveva data ampia dimostrazione durante il governo Conte. Al di là di slogan infelici di inizio legislatura ( Chi dimentica “Aboliamo la povertà?”), Di Maio, che nel governo Conte era anche vice premier, era sempre pronto ad alzare i toni per spingere le trattative in una direzione favorevole a 5 Stelle.
Con il governo Draghi però qualcosa è cambiato.
Probabilmente lo esigeva anche il cambio di ruolo. Di Maio è andata infatti al Ministero degli Esteri, uno degli incarichi più delicati che esistano. Presiedere la Farnesina richiede invece una capacità diplomatica non indifferente. Il punto però è che Di Maio sembra andato troppo in là. E chissà che non abbia ragione Travaglio quando afferma di come il politico pentastellato abbia scoperto un improvviso e bruciante amore verso Mario Draghi. Di sicuro, fin dall’inizio della legislatura dell’ex Presidente della Bce, Di Maio ha iniziato gradualmente a sembrare un corpo estraneo al Movimento. Mai una dichiarazione polemica o fuori posto con gli alleati, sempre meno le stilettate politiche ai suoi avversari per imporre la visione di un Movimento che comunque doveva rivendicare il proprio peso elettorale.
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E come se questo governo d’unità nazionale, abbia fatto scoprire a Di Maio che i suoi nemici erano tutto sommato simpatici, e che è possibile costruire un futuro anche con Italia Viva, anche con politici storicamente avversi come Rosato, Renzi o lo stesso Berlusconi. E anche la scelta di incartare sottobanco il nome della Bellotta alle Quirinarie e dunque disattendere le indicazioni di Conte, fa riflettere.
Siamo sicuri che Di Maio abbia intenzione di restare all’interno dei 5 Stelle? L’impressione è che invece ormai agisca da centrista e persegua mediazioni politiche molto più affini a quelle condotte da Italia Viva che dal suo Movimento.
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