Dio ci ama, semplicemente, e non mette limiti alla sua provvidenza, rivolta proprio ad ognuno di noi. Proviamo a fidarci, dicendogli “pensaci tu”: lui ci penserà appieno, in base alla nostra fede.
Venite: prostrati adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il Signore, nostro Dio. (Cf. Sal 94,6-7)
Introdussero l’arca dell’alleanza nel Santo dei Santi e la nube riempì il tempio del Signore.
Dal primo libro dei Re
1Re 8,1-7.9-13
In quei giorni, Salomone convocò presso di sé in assemblea a Gerusalemme gli anziani d’Israele, tutti i capitribù, i prìncipi dei casati degli Israeliti, per fare salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla Città di Davide, cioè da Sion. Si radunarono presso il re Salomone tutti gli Israeliti nel mese di Etanìm, cioè il settimo mese, durante la festa.
Quando furono giunti tutti gli anziani d’Israele, i sacerdoti sollevarono l’arca e fecero salire l’arca del Signore, con la tenda del convegno e con tutti gli oggetti sacri che erano nella tenda; li facevano salire i sacerdoti e i levìti. Il re Salomone e tutta la comunità d’Israele, convenuta presso di lui, immolavano davanti all’arca pecore e giovenchi, che non si potevano contare né si potevano calcolare per la quantità.
I sacerdoti introdussero l’arca dell’alleanza del Signore al suo posto nel sacrario del tempio, nel Santo dei Santi, sotto le ali dei cherubini. Difatti i cherubini stendevano le ali sul luogo dell’arca; i cherubini, cioè, proteggevano l’arca e le sue stanghe dall’alto. Nell’arca non c’era nulla se non le due tavole di pietra, che vi aveva deposto Mosè sull’Oreb, dove il Signore aveva concluso l’alleanza con gli Israeliti quando uscirono dalla terra d’Egitto.
Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube riempì il tempio del Signore, e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore.
Allora Salomone disse:
«Il Signore ha deciso di abitare nella nube oscura.
Ho voluto costruirti una casa eccelsa, un luogo per la tua dimora in eterno».
Parola di Dio.
R. Sorgi, Signore, tu e l’arca della tua potenza.
Ecco, abbiamo saputo che era in Èfrata,
l’abbiamo trovata nei campi di Iàar.
Entriamo nella sua dimora,
prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi. R.
Sorgi, Signore, verso il luogo del tuo riposo,
tu e l’arca della tua potenza.
I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia
ed esultino i tuoi fedeli.
Per amore di Davide, tuo servo,
non respingere il volto del tuo consacrato. R.
Quanti lo toccavano venivano salvati.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6,53-56
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.
Parola del Signore.
Al tempo di Gesù, chiunque si avvicinava a lui con fede veniva guarito. Proprio così: la fede che abbiamo in Gesù è ciò che ci consente di avvicinarci a lui, un Dio che ha deciso di avere bisogno di noi e della nostra libertà per guarirci da tutti i nostri mali, per aiutarci e sorreggerci nelle nostre sofferenze, che si è addossato per noi sulla Croce, rendendosi così “impotente”, inchiodato su di essa.
Ebbene è da lì che si sprigiona tutta la potenza del suo amore. Un amore che si annienta e che dona la risurrezione e la vita.
Il commento al Vangelo di ieri:
Questo è Gesù: ci ama, semplicemente, e non mette limiti alla sua provvidenza, rivolta proprio ad ognuno di noi. Fidiamoci, proviamo a fidarci anche solo per un attimo di questo dicendogli “pensaci tu”, “sia fatta la tua volontà”. E lui ci penserà appieno. L’unico limite è il nostro “sì” a lui. Per il resto, dice Gesù, possiamo spostare le montagne.
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