Quinto giorno di prigionia per il bambino nel pozzo. Oltre all’ipotermia, c’è il rischio che scivoli ancor più verso il basso.
Si continua a scavare in Marocco per cercare di raggiungere Rayan, il bambino di 5 anni che, come Alfredino Rampi nel 1981, è scivolato in un pozzo profondo dove è rimasto bloccato. Le ultime immagini arrivate poche ora fa dal fondo del pozzo mostrano che il piccolo si muove: alle 7 di sabato mattina è riuscito a mangiare e a bere. Tra i soccorritori e il bimbo c’è una roccia da superare, ma l’ostacolo che li blocca a due metri da Rayan è stato quasi completamente rimosso.
Gli ultimi due metri, i più difficili
Durante la notte i soccorritori avevano detto che per raggiungere Rayan, arrivato ormai al suo quinto giorno di prigionia nel pozzo, sarebbero bastate “altre cinque ore di lavoro”. In realtà i due metri mancanti si sono rivelati più ostici del previsto a causa di una roccia che ha rallentato le operazioni.
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Il rischio è che nel frattempo Rayan, bloccato a 32 metri di profondità, possa scivolare ancora più a fondo: il pozzo infatti ha una profondità di 60 metri; senza contare che il piccolo, dopo tutto questo tempo, corre anche il rischio dell’ipotermia.
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Il padre del bambino ha confermato che Rayan è vivo: “Gli ho parlato via radio, ho sentito il suo respiro, respira a fatica, ma è vivo”. Le preghiere a voce alta dei marocchini scandiscono il ritmo delle operazioni di recupero, di giorno e di notte. Attorno al pozzo si è accalcata una folla e sono dovuti arrivare gli uomini della gendarmeria reale per far allontanare i curiosi. Gli abitanti del posto si sono prodigati per ospitare i numerosi volontari arrivati a Tamrout nella speranza di potersi rendere utili. E ogni giorno anche le 60mila moschee del Marocco non fanno mancare le loro preghiere per Ryan.