Raccolta fondi per il tumore della figlia ma finisce accusato di truffa: c’entra anche un parroco

Un 46enne è stato accusato di truffa per aver organizzato una raccolta fondi per il falso tumore della figlia. In questa raccolta fondi, l’uomo avrebbe coinvolto anche un parroco.

46enne truffa tumore falso-Meteoweek
46enne truffa tumore falso-Meteoweek

Il 46enne, sotto processo per truffa per falso tumore della figlia, ha ricevuto il rinvio a giudizio. Il fatto ha avuto luogo nel 2015. E riguarderebbe una raccolta fondi aperta su Facebook per raccogliere soldi per curare la presunta malattia della bambina di due anni.

Secondo la Procura, il 46enne si sarebbe inventato la malattia della figlia di due anni per ricevere soldi da parte di ex compagni della scuola e anche da un parroco e dalla sorella di questi. Tutto è iniziato quando gli ex compagni delle elementari hanno aperto un gruppo su Facebook in memoria di quei tempi. Da lì, secondo l’accusa, l’accusato avrebbe rivelato che la figlia aveva un tumore. E per quello, avrebbe chiesto ai compagni, tra cui compare la sorella del parroco, un aiuto per far fronte alle spese delle cure, molto costose. A quanto pare, avrebbe presentato anche i documenti, artefatti per la Procura, del presunto tumore.

Ad aiutarlo in prima linea la sorella di don Antonio, Maria Lauri, che arriva a coinvolgere lo stesso fratello nella raccolta fondi del valore di 9 mila euro. Il parroco, alla guida della parrocchia San Gabriele dell’Addolorata, in via Ponzio Cominio, quartiere Don Bosco, avrebbe fornito un valido sostegno al 46enne prendendo anche le offerte dei fedeli.

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Scoperto dagli stessi donatori

A scoprire la truffa ai danni degli ex compagni e del parroco è stata una donatrice. Per caso, avrebbe contattato l’istituto scientifico Romagnoli, istituto dove sarebbe dovuta essere in cura la bambina, e lì avrebbe scoperto che nessun medico ha mai visitato la figlia dell’imputato.

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Da quella scoperta, si aggiunge poi la ‘stranezza‘ dei bonifici partiti dalla parrocchia a nome del parroco verso l’indagato. I bonifici li avrebbe eseguiti la responsabile degli affari economici della parrocchia e questo è servito per testimoniare il coinvolgimento della comunità di fedeli nella raccolta fondi. Da lì sarebbe partita la denuncia.

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