Il 19 novembre 1989 l’Italia si sveglia con la terribile notizia della morte del calciatore del Cosenza Donato Bergamini. Una vicenda avvolta nel mistero. L’uomo infatti, inizialmente, venne dichiarato morto suicida, dopo essersi buttato sotto un tir. Poi, a seguito di indagini, il suicidio si trasformò in omicidio.
Cosa accadde
18 novembre 1989, Roseto Capo Spulico, Calabria. Sono le ore 19.00 e sulla Statale jonica 106 viene trovato un corpo senza vita ai bordi della strada. Il corpo è quello di Donato Denis Bergamini, un calciatore di talento del Cosenza. Il corpo di Denis è stato travolto da un tir: “Bergamini si è suicidato. Si è gettato fra le ruote di un camion guidato da Raffaele Pisano. Che non può evitarlo”.
Unica testimone della tragedia Isabella Internò, ex fidanzata di Bergamini. Una storia d’amore iniziata nel 1988, lui 26enne, lei poco più che maggiorenne: una gravidanza, l’arrivo del bimbo ma il rifiuto del calciatore di sposarsi. La storia finisce travolta dalle incomprensioni. La donna racconta che è proprio per quella rottura tormentata, che Denis, depresso, decide di farla finita. Dopo l’ennesimo litigio, secondo quanto raccontato dalla donna, Denis scende dalla macchina e si butta sotto un camion. Il mezzo lo avrebbe travolto e trascinato per 60 metri circa.
Un suicidio poco credibile
Bergamini nel pomeriggio del 18 novembre è al cinema, come sempre prima di andare in ritiro. Dopo aver visto il film riceve una telefonata, un appuntamento. Prende la macchina e scompare nel nulla, è l’ultima volta che i compagni lo vedono vivo. La sua ex dirà che era nelle intenzioni del calciatore di partire, lasciare tutto, andare in Grecia, passando da Taranto. Solo che per recarsi in Grecia non si passa da Taranto. Appare comunque insolito che un uomo, pronto ad andarsene, si avvii senza bagaglio e con pochissimo contante in tasca.
La relazione autoptica
La relazione autoptica del professor Francesco Maria Avato, di 25 pagine, redatta e consegnata un mese e mezzo dopo la morte di Bergamini, il 4 gennaio 1990, riporta: “La causa della morte va riferita all’ emorragia iperacuta connessa alla lacerazione pressoché totale dell’iliaca comune destra”. Sul corpo, “fratture multiple del bacino, in particolare del pube e il reinvenimento dei testicoli estrusi dallo scroto, pene parzialmente solidale con i tessuti legamentosi della radice”. Avato nel suo rapporto, dichiara che Bergamini venne schiacciato da una sola ruota del camion quando era già steso sull’asfalto. E che non venne quindi trascinato per 60 metri.
Quanto riportato nella relazione del medico, fa venire i brividi. È come la sceneggiatura di un film di Scorsese, solo che in questo caso è tutto vero. Sembrerebbe essere una terribile punizione. Qualcuno sapeva, forse qualcuno aveva qualche informazione. Due magazzinieri del Cosenza scompaiono il 3 giugno 1990, anche loro sulla statale 106, in un incidente stradale. Secondo i dati del medico, la morte di Bergamini prende la forma di una questione d’onore, l’evirazione e il taglio dei testicoli di chi ha svergognato qualcuno e ora deve ‘pagare’.
La documentazione fornita dal professor Avato non viene considerata dal procuratore capo di Castrovillari, Franco Giacomantonio: “Le ferite sono quelle, ma non sono mai emersi fatti che facessero pensare ad un’azione voluta o ad un atto consapevole”. La famiglia del calciatore è sconvolta ma non si arrende, Donata, la sorella gemella di Denis, vuole la verità e vuole giustizia per il fratello. Il 29 giugno 2011 il caso viene riaperto, l’ipotesi cambia, la scena del suicidio viene rivista. Il 22 febbraio 2012 i Ris di Messina depositano, presso la Procura della Repubblica di Castrovillari, una nuova perizia.
Emergono nuovi interrogativi
La tesi è che il calciatore non sia stato ucciso dal camion dopo essere stato investito e trascinato per 60 metri ma che il corpo sia stato lasciato lì, già privo di vita. Sono molti i dubbi nel frattempo emersi, uno fra tanti è: se Bergamini si fosse suicidato, non avrebbe avuto le scarpe immacolate e i suoi oggetti personali, l’orologio, le catenine, i vestiti, intatti. Cosa che non dovrebbe accadere quando un corpo viene investito, travolto e trascinato da un tir per 60 metri. Oltretutto quel terribile giorno pioveva a dirotto, ma sul corpo del calciatore non c’è traccia di fango. Nel dicembre del 2014 la magistratura chiede l’archiviazione del caso, gli indizi non sono sufficienti e non ci sono certezze assolute tali da istruire un processo per omicidio volontario. La famiglia Bergamini tuttavia continua a portare avanti la sua crociata, la ricerca prosegue ma dimostrare la verità sembra essere sempre più complesso.
La chiusura della terza inchiesta della Procura di Castrovillari del giugno 2019 concede un po’ di giustizia, almeno parziale, ai cari di Bergamini: “E’ stato ucciso”. Unica indagata: l’ex fidanzata Isabella Internò, l’attuale marito e l’autista del camion. Il movente è ancora da chiarire ma è emersa una nuova ipotesi: quella delle scommesse illegali, un giro in cui Denis si sarebbe rifiutato di entrare.
Verso il processo all’ex fidanzata
Dopo 32 anni da quel drammatico giorno, tuttavia, la pista delle indagini si è fermata all’ipotesi che, il motivo della morte di Bergamini sia connesso alla gelosia della donna, che non accettava nel modo più assoluto di veder chiusa la loro relazione. Ossessiva e gelosa, la donna ha reso gli ultimi mesi di Denis un inferno. Questo secondo quanto ricostruito dai magistrati. Per arrivare al processo ci sono volute tre inchieste, due naufragate, e tutta la determinazione della sorella gemella di Denis. Fondamentali i nuovi accertamenti, disposti dalla procura di Castrovillari, su insistenza dei familiari di Bergamini: “Elementi interessanti – ha dichiarato il legale della famiglia Bergamini, l’avvocato Fabio Anselmo – si rintracciano anche nelle conversazioni che sono state intercettate mentre quella super perizia è stata eseguita, perché dimostrano una sensibile preoccupazione riguardo all’esito”.
L’omicidio – perché tale è – ancora oggi, non è stato ricostruito in modo completo. Secondo i magistrati, l’ex fidanzata ha agito “in concorso con persone rimaste ignote”, che non sarebbero né Luciano Conte, attuale marito della donna, e nemmeno Raffaele Pisano, l’autista del camion coinvolto nella morte di Bergamini, a quanto pare non sarebbe possibile procedere contro di loro per mancanza di elementi sufficienti.
La famiglia della donna
“I risultati indiziari emersi nel corso delle indagini – questo quanto si legge nel provvedimento – hanno fondatamente portato a ritenere i genitori di Isabella Internò partecipi del piano criminoso della figlia di uccidere Donato Bergamini, contribuendo alle fasi di ideazione e organizzazione”. E potrebbe essere ancora più largo, il raggio della complicità, se è vero che “alcuni parenti della Internò avrebbero fattivamente partecipato – come esecutori materiali – all’omicidio di Donato Bergamini, ma dalle risultanze sono emersi elementi indiziari non sufficienti ad avere valenza probatoria”. L’avvocato Anselmo, legale della famiglia, ha dichiarato che: “Donata Bergamini ha saputo della chiusura delle indagini da un comunicato stampa. Abbiamo ricevuto tutti gli atti solo da qualche giorno, troppo pochi per esaminarli con attenzione”, da una prima analisi, “del tutto sommaria” dice il legale, “possiamo dire che gli accertamenti sono stati ad ampio raggio, si è indagato anche su chi ha tentato a tutti i costi di raccontare un’altra verità”, in tutto questo c’è almeno un risultato fondamentale, che è quello di aver restituito alla famiglia “una verità negata per 31 anni. Una verità triste perché parliamo di un ragazzo è stato ucciso”. I dubbi legati alle scommesse o ai giri di droga, si sono dissolti a seguito di indagini più recenti, l’omicidio, sembrerebbe essere maturato solo nella mente della donna che aveva deciso di essere l’unica, nella vita di Denis. I pm parlano di comportamenti persecutori, negli ultimi mesi di vita di Bergamini, la ex fidanzata era arrivata persino a “nascondersi per spiare Denis quando rientrava a casa, di annusare i vestiti per accertarsi di eventuali profumi di altre donne, di sottoporlo a perquisizioni”.
“Continua ad essere inspiegabile che all’epoca non sia stata fatta un’autopsia, così come risulta quantomeno strano il fatto che i vestiti non siano stati restituiti subito alla famiglia. Senza poi parlare – ha dichiarato l’avvocato Anselmo – della curiosa morte per incidente stradale dei magazzinieri che avrebbero voluto farlo”.