Dopo la violenza, la giovane vittima dello stupro di Primavalle ha dovuto affrontare anche incomprensione e isolamento.
“Quello che ho vissuto fa schifo quindi lasciatemi in pace, devo metabolizzare”. È sdegnata la sedicenne vittima un anno fa di violenza di gruppo in una villetta privata del quartiere Primavalle a Roma, durante i festeggiamenti per Capodanno. A riportare le sue parole, ci informa il Corriere della Sera, è stata la portavoce Bo Guerreschi, presidente dell’associazione Bon’t Worry che sta curando la difesa legale della minorenne. La mattina successiva alle violenze “a momenti mi staccavo la pelle, volevo togliermi lo schifo di dosso”, riferisce l’adolescente ai legali. Il corpo della ragazza era coperto di lividi, tanto da richiedere una prognosi di 30 giorni.
Un trauma che ha spinto la giovanissima ragazza a isolarsi dal mondo: non vuol parlare a nessuno di quello che le è capitato, sostiene di essere stufa e, come riporta la sua portavoce, “si è rifugiata nel mutismo”. Le memorie di quella notte maledetta ancora non sono nitide ed è doloroso far riemergere i ricordi a più di un anno di distanza. “La ragazza è in una fase molto delicata perché sa che dovrà affrontare un’altra testimonianza e sarà il momento peggiore, perché dovrà rivivere tutto. Sta cercando di trovare dentro di sé la forza per affrontarlo”, spiega la presidente dell’associazione Bon’t Worry.
Ma non c’è solo il peso dello choc: la portavoce mette in rilievo anche la sofferenza derivata dal modo in cui la minorenne ha dovuto subire l’abbandono da parte delle amiche al momento di sporgere denuncia ai Carabinieri. Le ha confessato di essersi “sentita sola, anche le mie amiche lo hanno fatto”. “Probabilmente — spiega Guerreschi — hanno avuto paura delle reazioni dei loro genitori e si sono tirate indietro, ma se sei sobria e vedi che una tua amica è in una situazione a rischio, la porti via. Non l’abbandoni. Invece è quello che hanno fatto. Hanno girato la testa dall’altra parte, non hanno avuto nemmeno il coraggio di chiedere scusa dopo”.
Guerreschi prosegue: “Ormai è rimasta sola. Tutti la accusano, dicono che se l’è cercata, si dipingono come santi, ma in questa storia una verità già c’è: la ragazza non ha colpa, non sapeva neanche cosa stesse succedendo. Dopo aver fatto uno o due tiri di una sigaretta bagnata con un liquido strano si è sentita quasi subito stordita. La droga dello stupro esiste anche sotto forma di gocce”. Secondo la portavoce “ciò che si è rivelato ancora più grave dell’omertà dei giovani, è stato il comportamento degli adulti coinvolti nella vicenda”. In primo luogo il trattamento riservato al padre della giovane vittima, lasciato inizialmente all’oscuro dei fatti: “La ragazza era ospite a casa di un’amica in quei giorni. Il padre non sapeva e non avrebbe mai autorizzato che la figlia andasse a quella festa. Anzi, è venuto a conoscenza di tutto quello che era successo solo quando l’adolescente si trovava già dai carabinieri. È stata la prima mancanza da parte degli adulti”.
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La presidente dell’associazione rincara la dose: “Quei ragazzi erano presenti e solo per senso civico i genitori avrebbero dovuto convincerli a raccontare tutto ciò che sapevano. In più risulta dalle testimonianze che erano tutti ubriachi e sotto l’effetto di droghe, ma che quasi tutti erano a conoscenza di cosa stesse succedendo, e anche questo dovrebbe interessargli. Vorrei chiedere a queste persone: Se fosse successo a vostra figlia o a vostro figlio, perché succede anche agli uomini, la pensereste allo stesso modo?”.
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“È a pezzi, ha l’anima spezzata. Quando sei sotto effetto della droga dello stupro i ricordi ritornano man mano, o magari non torneranno più, per questo adesso si sente stanca e confusa. Non ne vuole proprio parlare. Ha bisogno del suo tempo per analizzare una situazione che l’ha veramente spappolata”, insiste Guerreschi. Mentre sono in attesa del rinvio a giudizio, la sedicenne vittima e la sua famiglia ricercano un nuovo equilibrio per potersi lasciare alle spalle il trauma.
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