Sergio Mattarella è ufficialmente di nuovo presidente della Repubblica: al termine di una settimana drammatica per la politica italiana, il nome del presidente uscente ha ottenuto la maggioranza dei voti.
Alla fatidica soglia dei 505 voti (anzi, in realtà un paio di voti prima) un applauso di quasi tutto il Parlamento ha sottolineato, come da prassi, l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Che è anche il vecchio: come già ampiamente anticipato, è di nuovo lui il capo dello Stato. La votazione finale, l’ottavo scrutinio a cui si è dovuti arrivare per arrivare all’elezione, ha così decretato: Sergio Mattarella 759 voti.
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E dunque tutto è terminato da dove era iniziato: Mattarella presidente della Repubblica, Draghi a palazzo Chigi. Che toccasse ancora a lui lo si era capito già nel pomeriggio: dopo l’assurdo teatrino di venerdì sera con lo sbilenco tentativo prima della destra di forzare con la Casellati, poi di insistere con “la presidente donna” da parte di un insolito ticket Conte – Salvini (ma pare che anche Letta avesse dato l’ok all’ipotesi -Belloni), ormai non erano rimaste più altre possibilità.
Sergio Mattarella, l’unica soluzione possibile
Perchè sia chiaro: con tutto il rispetto per la figura di Sergio Mattarella, politico responsabile e persona serissima, la decisione di rieleggere il presidente uscente nasce dal fatto che non ci fosse altra soluzione che quella. Come anche avvenne nel 2013 con il Napolitano bis, anche qui la politica ed i partiti si sono avvitati su se stessi implodendo fragorosamente.
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Il risultato alla fine non è nemmeno pessimo: avrebbe potuto andare molto peggio. Mattarella gode di ottima fama a livello internazionale e si intende alla perfezione con Draghi, che lui stesso ha imposto un anno fa, di fronte ad un’altra clamorosa impasse del parlamento. Il nuovo/vecchio capo dello Stato alle 21.30 ha anche pronunciato un brevissimo discorso in diretta radiotelevisiva, sottolineando di aver accettato “per responsabilità”. Lo aveva detto chiaramente, di non essere disponibile ad una rielezione. L’incapacità politica della maggior parte dei leader di partito lo ha costretto, ad ottanta anni, a rimettersi in gioco per spirito di servizio. Vedremo come andrà: l’unica certezza è che i partiti escono da questa settimana distrutti nella loro credibilità. Tutti: chi più chi meno. Il centrodestra è totalmente spaccato, dall’altra parte non stanno troppo meglio. Siamo dentro una crisi strutturale della politica che, se non risolta in fretta, non porterà a nulla di buono.