Il quarto “nulla di fatto” di ieri ha rivelato alcune, fondamentali evidenze: il centrodestra, da solo, non può eleggere il presidente. L’accordo è dunque inevitabile.
Quinto giorno di voto, a Montecitorio per eleggere il presidente della Repubblica: anche ieri nulla di fatto, anche se ormai i segnali che arrivano dall’aula sono chiari. Il primo dato, incontrovertibile, è che il centrodestra da solo non è in grado di eleggere il nuovo capo dello Stato. Lo dicevano già i numeri, in maniera chiara. Lo confermano anche le dinamiche d’aula: oltre alla difficoltà di individuare un nome credibile, lo schieramento guidato da Salvini, Meloni e Forza Italia (Berlusconi è fuori gioco per motivi di salute) sembra non essere in grado di raggiungere una sintesi interna.
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I nomi proposti fino ad ora sembrano non convincere nemmeno chi li ha presentati: prima lo stesso Berlusconi, silurato dalla fronda interna tanto quanto dall’accusa di “candidatura divisiva” lanciata dal centrosinistra. Poi il trittico Nordio – Pera – Moratti, nomi debolissimi risucchiati in breve dal maelstrom dell’aula. Adesso in ballo c’è l’ipotesi della Casellati, attuale presidente del Senato sulla quale potrebbe essere tentato un “atto di forza”: presentata, votata in massa dai partiti di centrodestra e poi vediamo. Ma, ripetiamo, mancano i numeri: senza accordo non si va da nessuna parte.
La situazione appare quanto mai confusa, ed ogni ipotesi è allo stesso tempo valida e priva di senso. La verità è che, se fosse possibile clonare Mario Draghi ed averne quindi due, uno alla guida del governo e l’altro disponibile ad essere eletto presidente della Repubblica, la vicenda sarebbe già probabilmente chiusa. Il nome dell’ex presidente della BCE fu il jolly che risolse l’impasse politica un anno fa, mettendo d’accordo tutti i partiti o quasi e permettendo la nascita della più ampia (ed eterogenea) maggioranza che la storia della politica parlamentare italiana ricordi. Potrebbe avvenire lo stesso anche ora, dopo il traccheggiare di questi due giorni?
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Il problema è la tenuta del governo, ovviamente: la narrazione che viene proposta in queste ore è che senza Draghi, il governo “dei migliori” viene giù. E andare al voto adesso, con tutte le difficoltà che il paese sta vivendo, non è il massimo. La verità è che i partiti non sono pronti ad una eventuale elezione, e preferirebbero avere ancora un pò di tempo per organizzarsi. Ma d’altronde la scelta del presidente della Repubblica è – o dovrebbe essere – un momento altissimo di azione politica, e soprattutto un atto che condiziona i rapporti e le dinamiche per sette anni. Per cui, siamo certi che alla fine sia impossibile trovare un accordo per tenere in piedi il governo e portare Draghi al Quirinale? Non è impossibile: e magari lo capiremo oggi stesso.
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