La quarta giornata di votazioni per il Quirinale ha portato a un nulla di fatto, non emergono altri nomi da cui possa nascere un accordo.
Un nulla di fatto. Di nuovo. Anche la quarta giornata di votazioni per eleggere il prossimo presidente della Repubblica si è conclusa con una fumata nera, nonostante da oggi (giovedì 27 gennaio) basti raggiungere una maggioranza assoluta, vale a dire il 50 per cento più uno dei Grandi Elettori. Tra le 261 schede bianche e i 441 parlamentari che si sono astenuti, non è stato possibile neanche raggiungere il quorum dei 505 voti. I restanti sono divisi per i singoli candidati: il più votato è stato ancora una volta l’attuale Capo di Stato Sergio Mattarella, che ha ricevuto 166 voti. A seguire il magistrato Nino Di Matteo, con 56 preferenze. Meno di dieci schede le hanno ricevuto l’ex senatore Luigi Manconi (8), la ministra della Giustizia Marta Cartabia (6), il presidente del Consiglio Mario Draghi (5), l’ex premier Giuliano Amato (4), il senatore Pierferdinando Casini (3) e la numero uno del Dis, l’organo di coordinamento dei servizi segreti italiani, Elisabetta Belloni (2). Ma cosa significa?
L’ombra di Draghi
Il risultato della quarta votazione per il presidente della Repubblica la dice lunga sul futuro del Quirinale, soprattutto per il fatto che era quella in cui il quorum si riduceva e avrebbero dovuto iniziare a delinearsi i nomi dei candidati realmente credibili. Gli “alti profili” su cui i partiti potrebbero raggiungere un accordo. Invece niente, il più votato è l’attuale presidente della Repubblica che da circa un anno ormai ribadisce la sua volontà di cedere il posto a un suo successore. A livello ufficioso la rosa di candidati comprende, oltre ai suddetti Mario Draghi, Pierferdinando Casini, Giuliano Amato, Marta Cartabia, Elisabetta Belloni, l’ex Giudice della Corte Costituzionale Sabino Cassese. Eppure l’attuale premier sembra un passo avanti a tutti, pare l’unico nome su cui potrebbero convergere i partiti, come d’altronde hanno fatto per mettere in piedi l’attuale governo di unità nazionale. In altre parole, il teatrino puramente politico che si ripete ormai da quattro giorni fa sospettare che non ci sia mai stata nessun’altra buona idea alternativa al passaggio di Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale.
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Cosa dichiarano i principali partiti di centrodestra e centrosinistra
Il centrosinistra
Il Movimento 5 stelle, il Partito democratico, Liberi e uguali e Italia viva oggi hanno votato scheda bianca. Sulla rosa ufficiosa dei candidati si è espresso Matteo Renzi: “Nomi tirati lì senza una discussione politica. Ogni giorno se ne fa uno”, ha detto il capo di Italia viva. E ha aggiunto a proposito il leader dei pentastellati Luigi Di Maio: “Belloni? Un profilo alto ma non giochiamo a bruciare nomi”. Poi i primi tre (Pd, M5S e Leu) hanno ribadito la loro “immediata disponibilità a un confronto per la ricerca di un nome condiviso super partes”. I dem, inoltre, hanno giudicato la direttrice del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) Elisabetta Belloni come un nome “plausibile” ma non prima di essere passati per il “momento del confronto”. Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Enrico Letta, intanto, continuano a lavorare su una lista di nomi da proporre al centrodestra.
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Il centrodestra
In questa votazione il centrodestra si è astenuto, ma si è detto disponibile “a votare un nome di alto valore istituzionale”. La coalizione si riunirà alle 21 per ragionare sui candidati condivisibili dal centrosinistra. I due principali profili, al momento, sembrano essere Sabino Cassese ed Elisabetta Belloni, considerato anche che il numero uno della Lega, Matteo Salvini, ha confermato lo stop del suo partito a Pierferdinando Casini. “Al quinto scrutinio la Lega non voterà scheda bianca ma scriverà un nome”, ha comunque assicurato il capo del Carroccio. Dai dem ai leghisti e renziani, in ogni caso, aumentano le richieste per la doppia votazione in Aula per accorciare i tempi.